E’ il terzo fallimento di rilievo che si consuma solo in Sicilia. Prima dell’emittente della famiglia Di Fazio a chiudere i battenti sono state Telecolor e Antenna Sicilia del magnate dell’editoria siciliana Mario Ciancio Sanfilippo. In meno di sei mesi 40 posti di lavoro bruciati tra tecnici e redattori. Ma il costo più alto, come sempre in questi casi, lo pagheranno i cittadini dal punto di vista dell’accesso all’informazione.
Rispetto al duopolio fotografato dalla Legge Mammì nel 1990, con un sistema bloccato di tre reti per ogni editore, oggi le piccole realtà locali si trovano a fronteggiare una concorrenza sproporzionata e spietata. Rai e Mediaset hanno aggiornato la propria offerta con decine di canali tematici. Mentre Telecom Italia Media si è disfata dei propi canali tv, mantenendo però il business delle frequenze, nuovi investitori come Discovery e L’Espresso sono entrati prepotentemente sul mercato nazionale, mentre la numerazione LCN dei decoder (stabilita da innumerevoli delibere Agcom) relega le televisioni locali sempre più in fondo nei bouquet digitali. Al resto ci pensa la crisi: mentre i bilanci delle emittenti regionali e provinciali sono messi a dura prova dalla mancanza di investitori, lo Stato ha tagliato i fondi destinati all’editoria locale.
E’ un paradosso che i cittadini riescano a conoscere in tempo reale cosa accade a migliaia di chilometri di distanza mentre è sempre più difficile sapere cosa succede fuori dalle proprie mura di casa. Il sistema dell’informazione rimane appannaggio dei grandi gruppi e le piccole redazioni, per sopravvivere, possono solo smettere di fare giornalismo e affidarsi all’elemosina degli enti locali. A Catania cala il sipario su un segnale acceso da oltre 30 anni.
Sulla stessa linea Davide Foti, segretario della Slc Cgil etnea, che ai microfoni di RadioArticolo1 ha ricordato come da 4 anni il sindacato solleciti la regione per intervenire a supporto delle piccole aziende radiotelevisive nel delicato passaggio tecnologico al digitale senza ricevere risposte soddisfacenti. Secondo il sindacalista, insieme alle parti datoriali, va sciolto il nodo degli ammortizzatori sociali per le maestranze di radio e tv: i contratti Frt e Aeranti-Corallo non prevedono l’istituto della cassa integrazione, così chi perde il lavoro non ha diritto ad alcun sostegno.
Nei giorni scorsi Rai, Mediaset, Sky, La7, Telecom Italia Media e la Frt – Federazione Radio Televisioni (in rappresentanza delle imprese televisive e radiofoniche locali e nazionali) hanno costituito a Roma l’associazione Confindustria RadioTv. In una nota si legge che il nuovo soggetto riunirà tutte le principali aziende radiotelevisive italiane: dal servizio pubblico agli operatori privati nazionali, alle piccole e medie imprese operanti sul territorio. Al centro dell’operato della nuova associazione un approccio di sistema che consenta di affrontare congiuntamente tutte le tematiche del settore. L’unica speranza è che sia l’occasione per rimettere in ordine un sistema cambiato troppo velocemente e con un enorme gap: le regole scritte dall’ex ministro Maurizio Gasparri, in rappresentanza di uno solo degli attori presenti sul mercato.
Fonte: radiocrac.blog.rassegna.it
Matteo Bayre è un esperto di nuovi media e tv digitale, freelance Front Web Developer, SEO Specialist e Web Content Editor. Blogger per passione. Ha una laurea specialistica in Scienze della Comunicazione.
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Volevo solo puntualizzare che in realtà l'emittente non ha chiuso, come non hanno chiuso telecolor e antenna sicilia. Hanno solo licenziato parte della forza lavoro adducendo come motivo la crisi e la mancanza di finanziamento pubblico. Ancora adesso queste emittenti sono attive e ci fanno compagnia con le loro televendite h24...