«Ancora una volta a farne le spese è l’emittenza locale», spiega Marco Rossignoli, coordinatore di Aeranti-Corallo, l’associazione che unisce oltre 1000 impresere radiotv. Più di cento tv locali, secondo il quotidiano Avvenire, infatti rischiano di scomparire dagli schermi italiani a causa della liberazione delle frequenze tv che provocano interferenze con i canali televisivi dei Paesi confinanti.

L’ennesimo esproprio dei canali a danno delle emittenti locali, che entro la fine del 2014 dovranno liberare ben 76 multiplex del digitale terrestre, è stato imposto dall’Agcom con la delibera n. 480/14/CONS pubblicata l’11 ottobre scorso, che ha revisionato il Piano Nazionale delle frequenze tv.

Nel 2011 il governo italiano ha assegnato in modo dissennato (o forse mirato) l’uso delle frequenze interferenti alle sole tv locali, per scongiurare problemi ai network nazionali (pubblici e soprattutto privati). Purtroppo secondo l’Accordo di Ginevra del 2006 le stesse porzioni di spettro devono essere garantite per le trasmissioni tv di Croazia, Slovenia, Francia, Svizzera, Malta e San Marino. Frequenze quindi occupate illegalmente dall’Italia che deve necessariamente liberarle per non incappare nell’ennesima procedura di infrazione del mercato tv europeo.

La lista nera dei canali da liberare comprende 12 mux per la Puglia e Marche, 10 per il Molise e l’Abruzzo, 9 per il Friuli, 8 in Veneto, 5 in Emilia-Romagna, 4 in Sicilia, 2 in Liguria e in Toscana, 1 per Lombardia e Piemonte.

Le tv locali parlano già di «ghigliottina che si abbatterà sulle imprese tv se non si troveranno al più presto soluzioni per arginare l’emergenza». Di fatto non ci saranno più frequenze sufficienti per ospitare tutti i canali locali ora in onda. «Lo Stato italiano ha evidenti responsabilità politiche», accusa Rossignoli in una lettera inviata a Renzi. L’Agcom ha stabilito che le frequenze possono essere liberate volontariamente entro il 31 dicembre, dopodichè scatterà, senza preavviso, il blocco dei trasmettitori. «Decine di imprese tv rischiano la chiusura», denuncia Aeranti-Corallo. Un quinto delle tv locali corre il pericolo di non andare più in onda, dato che le emittenti sul territorio sono 550 (secondo Avvenire).

«Qualcuno sostiene che si tratti di frequenze abusive – afferma Rossignoli -. In realtà sono state legittimamente assegnate dal Ministero dello sviluppo economico alle tv per 20 anni attraverso le gare che si sono svolte nel 2012. E per poterle utilizzare le emittenti hanno realizzato investimenti importanti». Aeranti-Corallo chiede perciò un proroga dell’ultimatum. Ma sarà difficile che il governo accolga la richiesta, dato che un rinvio della liberazione delle frequenze sarebbe l’ennesimo sopruso compiuto dall’Italia nell’occupazione dello spettro.

Secondo i tecnici delle tv locali una soluzione provvisoria per evitare le interferenze potrebbe essere applicata con la modifica degli impianti di trasmissione. Le associazioni delle tv locali chiedono poi la riassegnazione dei mux invenduti nell’asta per le frequenze tv (ex beauty contest): 5 frequenze in tutto.

Il Ministero ha previsto un indennizzo per la riconsegna delle frequenze incriminate, con uno stanziamento di 20 milioni di euro. Ma secondo le imprese tv regionali la somma è «irrisoria, se si pensa che due anni fa furono necessari 60 milioni» per liberare i canali 61-69 UHF a favore delle compagnie telefoniche. Più emittenti hanno annunciato di voler ricorrere al Tar nelle regioni dove si dovranno liberare i canali, soprattutto in quelle adriatiche, dove secondo il nuovo Piano le locali avrebbero meno di un terzo delle frequenze previste invece dalla legge. «Una via d’uscita c’è –  afferma Rossignoli -: includere nella lista dei canali da dismettere alcune frequenze nazionali al posto di alcune locali». Ma questa pare un’ipotesi impossibile nel Paesi dei Cachi (televisivi).

Fonte: Avvenire

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