Crisi tv locali. Primocanale: cassa integrazione per 34 dipendenti

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L’emittente genovese Primocanale mette in cassa integrazione i suoi 34 dipendenti. Il ricorso all’ammortizzatore sociale in deroga è stato concordato dopo che l’azienda ha presentato una procedura, per il momento sospesa, di licenziamento collettivo per la riduzione di ben 13 unità tra tecnici e giornalisti. Lo rende noto Alessandra Costante, segretario dell’Associazione Ligure dei Giornalisti.

L’azianda televisiva locale ligure, di proprietà di PTV Programmazioni Televisive del senatore Maurizio Rossi, si giustifica affermando che negli ultimi due anni sono stati adottati i contratti di solidarietà nella speranza di poter resistere alla crisi, spiegata con il crollo degli introiti pubblicitari, e che la cassa integrazione è stata una scelta obbligata in assenza di alternative percorribili. Al momento, si apprende dall’emittente genovese, l’organizzazione del lavoro non cambierà significativamente perché la maggior parte dei dipendenti non sarà a “zero ore” e già prima erano in vigore i contratti di solidarietà.

In un comunicato, il segretario dell’Associazione Ligure dei Giornalisti afferma: «Le misure di sostegno per l’emittenza televisiva locale (che pure hanno subito una contrazione) dovrebbero essere un aiuto alle aziende editoriali dell’emittenza televisiva privata, e non il pilastro dei loro bilanci; non può essere che l’entità dei finanziamenti pubblici sia messa in correlazione con il costo del lavoro di queste aziende. Ma al di là delle motivazioni addotte, la realtà dei fatti è che Primocanale ricorre agli ammortizzatori sociali (se non al licenziamento) per i dipendenti regolarmente assunti e consegna il suo palinsesto dei programmi giornalistici a pensionati, che sono collaboratori a vario titolo dell’emittente televisiva. Un modo di agire che appartiene anche ad altri. Nei giorni scorsi è stato licenziato da Telenord il collega Enrico Cirone, ma anche in quell’emittente televisiva continuano le collaborazioni di colleghi pensionati. È un danno per i colleghi dipendenti, che vedono sempre più a rischio il proprio posto di lavoro e quasi nessuna possibilità di ricollocazione nell’ambito del territorio ligure; un danno per l’Istituto di previdenza giornalistica, il cui monte contributivo è eroso anche da queste situazioni e che in futuro, probabilmente, sarà costretto a rivedere il suo sistema di welfare; un danno alla collettività che sempre più diventa “socia maggioritaria” di emittenti che hanno deciso di vivere di ammortizzatori sociali e di contributi pubblici. Ed è una ferita profonda al patto generazionale per cui il lavoro delle giovani generazioni serve a pagare la pensione di chi è uscito dal perimetro occupazionale. Continuando su questa strada, difficilmente potrà essere ancora mantenuto il patto su cui si regge il rapporto tra giovani lavoratori e pensionati».

Fonti: ilsecoloxix.it | riviera24.it

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