L’Europa boccia l’Italia sulla banda larga: mancano strategia unitaria e fondi

fibra otticaL’Italia è in forte ritardo sul raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale europea. Ed è debole il piano confezionato dai governi Letta e Renzi e finanziato con il denaro Ue per portare la banda larga e ultralarga a tutti gli italiani. Mancano soldi e una strategia nazionale unitaria.

Lo dice la Commissione europea che ha inviato al governo (Dipartimento Sviluppo e Coesione economica) un parere formale sulla bozza di programmazione dei nuovi fondi strutturali Ue (2014-2020). Il governo Letta ha messo in cantiere 3,6 miliardi di finanziamenti pubblici per l’Agenda Digitale, di cui 1,260 (metà nazionali e metà comunitari) per lo sviluppo della banda larga.

Troppo pochi secondo la Commissione, e per di più senza una vera strategia nazionale. Bruxelles inoltre imputa alle autorità italiane un eccessivo margine d’indeterminatezza sulle motivazioni, gli obiettivi e le tempistiche delle azioni per la banda larga. La lettera, datata 10 marzo, contiene 351 rilievi al testo inviato lo scorso 9 dicembre dall’allora ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia. E chiede di riscriverne o integrare ampie porzioni.

Secondo la Commissione, nel quadro dell’Obiettivo Tematico 2 della nuova politica di coesione comunitaria (Migliorare l’accesso alle TIC) e suddivise in interventi per PA digitale, banda larga e sviluppo della domanda, «manca una strategia globale volta ad affrontare le carenze in termini di infrastrutture, contenuti e servizi».

Nulla si è programmato per ridurre il divario digitale. «Non si affronta adeguatamente il divario relativo all’infrastruttura di banda larga ad alta velocità, né vengono indicate le azioni più opportune per raggiungere i target di 30 e 100 Mps». Per il traguardo dei 100 Mps non verrebbe proprio preso in considerazione dal documento italiano, mentre sui 30 Mps mancherebbero riferimenti chiari agli «obiettivi e le relative tempistiche». La Commissione critica inoltre la ripartizione geografica dei fondi, concentrati all’80% nelle regioni “sottosviluppate” (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata). E chiede chiarimenti sugli interventi «relativi all’e-Government e all’e-Procurement» ed esige sostanziali integrazioni e migliorie su quelli in materia di «e-Skills, professionisti dell’Ict, e-Learning, commercio elettronico, e-Culture, turismo, agricoltura e Tic nelle imprese».

Da più parti il premier viene pressato per occuparsi del dossier Agenda digitale. Un appello firmato dai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, assieme ai sindacati di categoria delle tlc, gli chiede di intervenire sulla banda larga, «da cui dipenderà la ripresa del Paese». Nel contempo, Marco Fossati, azionista Telecom con il 5%, sollecita al premier «una politica industriale per digitalizzare il Paese ». Tutti d’accordo su un punto: i fondi pubblici in arrivo per l’Agenda Digitale e i piani di copertura per la banda ultra larga degli operatori telefonici sono insufficienti a reggere il passo con gli altri Paesi europei. La lettera dei sindacati cita il “Rapporto Caio” (commissionato dal precedente governo) secondo il quale l’Italia corre il forte rischio di non rispettare gli obiettivi della Commissione europea: copertura del 100% della popolazione con almeno 30 Megabit e del 50% con 100 Megabit entro il 2020.

L’Italia è sempre al fondo della classifica per il raggiungimento degli obiettivi UE, superata da Spagna, Portogallo, e dai paesi dell’Est Europa. Il rapporto di Caio indicava come soluzione l’avvio di un Pon, cioè un Programma Operativo Nazionale, con i futuri fondi europei e nazionali stanziati da qui al 2020. La lettera della Commissione europea denuncia l’assenza di una strategia univoca nazionale; per di più indica che i fondi previsti per la banda larga, nella bozza di programmazione, sono insufficienti a colmare le lacune territoriali. Invece che un Pon, la bozza prevede che siano le Regioni a utilizzare i prossimi fondi per banda larga e digitale, tramite i rispettivi piani. Così è stato fatto finora con i precedenti fondi europei 2007-2013.

Quasi tutte le Regioni hanno fatto accordi con il Ministero dello Sviluppo economico, che ha quindi gestito l’utilizzo dei loro fondi per sviluppare reti a banda larga tramite bandi di gara. Il dialogo tra le parti ha ritardato però l’avvio dei bandi: tanto che l’Italia mancherà anche quest’anno l’obiettivo minimo di coprire tutta la popolazione con la banda larga. Il nuovo governo dovrà decidere se rivedere la programmazione, stanziando più fondi e, in accordo con le Regioni, optare per una gestione centralizzata.

Ma il governo Renzi è ancora fermo al palo per quanto riguarda la governance centrale dell’Agenda Digitale (competenze formalmente attribuite al Presidente del Consiglio e non ancora delegate) e la messa in piena operatività dell’Agenzia per l’Italia Digitale (bilancio non ancora approvato), che Bruxelles ha criticato nella missiva. Ora la Commissione Ue attende una versione rivista dell’Accordo di partenariato entro l’estate.

Fonti: La Repubblica | corrierecomunicazioni.it

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