Asta Frequenze Tv, tutti i dubbi sull’ex Beauty Contest

numerazione lcn digitale terrestreIl viceministro dello Sviluppo con delega alle Comunicazioni, Antonio Catricalà, ha annunciato pochi giorni fa che l‘asta pubblica per le frequenze tv (ex beauty contest) sarà indetta la prossima settimana. Con il parere favorevole dell’Ue, giunto sempre in questi ultimi giorni, dopo sei lunghi mesi di attesa, saranno redatti il bando e il disciplinare per la gara che assegnerà  i 3 lotti di multiplex del digitale terrestre (L1, L2 e L3) con diritto d’uso ventennale.

Ma l’ok della Commissione europea ha posto dei vincoli.«Stiamo facendo – ha dichiarato il viceministro – piccole modifiche che ci ha richiesto la Ue». Modifiche che dovrebbero essere recepite in questi giorni. Alcune di queste terranno conto della necessità di provvedere alla liberazione dei canali 57-60 UHF entro il 2016, a favore dei servizi LTE, e dell’esigenza di risolvere il nodo delle interferenze internazionali. Poi, dopo un probabile passaggio di revisione all’Agcom, sarà approvato il Bando definitivo in entro la fine della prossima settimana.

Il viceministro ha anche dichiarato che per realizzare l’asta «alcuni player dovranno liberare al più presto le frequenze che occupano». Ad esempio andrà liberato il canale 11 VHF (in vendita nel lotto L2 insieme al canale 7 VHF), dove la Rai trasmette il mux 1 e i suoi canali sperimentali in 3D, HD e in DVB-T2 in varie zone del territorio nazionale. E forse, come previsto dal decreto Destinazione Italia, potranno essere liberate alcune frequenze occupate dalle tv locali in cambio di un contributo statale complessivo di 20 milioni di euro (ritenuto insufficiente dalle associazioni del comparto emittenti locali).

Marco Mele de Il Sole 24 Ore ipotizza che il governo possa realizzare una grande rottamazione delle frequenze occupate dalla tv nazionali, la cui capacità trasmissiva è sovrabbondante rispetto alle proprie capacità produttive di palinsesti e contenuti. Si vocifera che l’esecutivo Letta starebbe valutando i suggerimenti della lobby dei maggiori player nazionali per riacquisire alcuni mux (si parla di somme che vanno da 100 a 200 milioni di euro per frequenza) da destinare allo sfruttamento della telefonia mobile. Ma le frequenze in “esubero” (non credo che saranno d’accordo Rai e Mediaset su questo concetto) sono e rimangono patrimonio pubblico che lo Stato concede in uso ai privati, e al massimo potrebbero essere restituite al leggittimo proprietario, per rimetterle in vendita all’asta per il mercato tv o per quello tlc (per la banda larga mobile – LTE).

Catricalà ha poi confermato che l’impianto originario del bando prevede che Mediaset, Rai e Telecom non possano partecipare alla gara, che mira ad aprire il mercato tv (come richiesto dall’UE) per i nuovi entranti e per gli operatori con una sola frequenza. Per il viceministro con la gara l’Italia uscirà dalla procedura d’infrazione comunitaria e l’obiettivo è anche quello di riuscire ad avere molti partecipanti. «L’ideale sarebbe avere molta partecipazione nonostante il mercato non sia in un momento favorevole. Il must comunque è uscire dalla procedura d’infrazione e speriamo che si possano anche garantire i giusti ritorni sugli investimenti».

Ma sulla gara permane il dubbio della sua buona riuscita: esistono davvero degli operatori interessati alle frequenze (di indiscutibile scarsa qualità) del digitale terrestre? E saranno disposti a spendere centinaia di milioni di euro, per una risorsa scarsa ma con limitati potenziali di investimento in mercato ancora bloccato dagli operatori dominanti?

La scarsa qualità di 3 canali in gara  (due in VHF e uno in UHF) costringerebbe gli operatori alla realizzazione di infrastrutture costose, che tra l’altro non garantirebbero l’effettiva ed efficiente copertura nazionale dei segnali. E le opportunità di business potrebbero non compensare gli investimenti da effettuare per gli operatori entranti, perché la capacità trasmissiva invenduta ha abbassato il suo valore sul mercato, tanto che gli attuali network provider l’affittano o la vendono a basso costo, pur di riempire mux per ottemperare agli obblighi di legge (che prevedono la riduzione o la revoca dell’assegnazione in caso di mancato sfruttamento). Le difficoltà di investire sulle infrastrutture di rete si ingigantiscono infine se si considera che gli aggiudicatari avranno l’obbligo di raggiungere la copertura nazionale massima entro cinque anni.

Per quanto riguarda i possibili partecipanti, Sky potrebbe concorrere ad un mux sulla banda VHF, ma esistono varie perplessità sulla sua partecipazione. Discovery, che oramai è divenuta la terza realtà del mercato, potrebbe puntare a gestire i propri canali su un multiplex in concessione, evitando le spese di affitto a terzi. E potrebbero essere della partita anche Prima Tv di Tarak Ben Ammar e Rete Capri. Intanto in questi ultimi tempi gli altri operatori incumbet del mercato con in mano più di una frequenza stringono alleanze, vedi l’accordo tra il gruppo L’Espresso (Rete A) e TI Media per unire 5 frequenze in una joint venture, e Mediaset ha conquistato il suo quinto multiplex, grazie alla conversione del suo mux in DVB-H.

Fonti: ilsole24ore.com | newslinet.it

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