Mediaset, il lungo inverno del Biscione

Da un articolo di Ettore Livi su Repubblica Affari&Finanza del 2 dicembre 2013:

Il Biscione si prepara a passare un lungo inverno. Gli effetti collaterali e forse nefasti della decadenza di Silvio Berlusconi da senatore e dell’uscita dal governo di larghe intese di Forza Italia rischiano di portare di nuovo verso il “brutto tempo” il barometro di Arcore.

Fino a poco tempo fa la sua resurrezione politica alle elezioni di febbraio aveva messo le ali ai titoli Mediaset (+109% da allora) e di Mediolanum (+59%) facendo lievitare di 1,3 miliardi (oltre 5,2 milioni al giorno) il conto corrente di casa Berlusconi.

Ora la festa è finita. Con Forza Italia all’opposizione, in teoria, Mediaset & C sarà esposta al vento di un governo meno compiacente agli interessi patrimoniali del Cav. Non solo. Il Cavaliere, causa sentenza Mediaset, è a tutti gli effetti un ex politico. E la partita per la sua successione alla guida del centrodestra potrebbe vedere scendere in campo la figlia Marina oppure – azzarda qualcuno – persino la giovane Barbara. Risultato: il risiko del riassetto dei ruoli manageriali e azionari tra gli eredi di Arcore potrebbe riaprirsi prima del previsto, riportando anche a Villa San Martino, temono i pessimisti, quei venti di scissioni e di rottura che negli ultimi mesi hanno già reso amara la vita dell’ex premier a Roma.

I “vecchi saggi” del Biscione, non a caso, si stavano muovendo da tempo per evitare di arrivare a questo punto. Sia Fedele Confalonieri che Ennio Doris hanno lavorato nei mesi scorsi a fianco delle colombe per convincere Berlusconi a non tirar troppo la corda e garantire al paese – e di riflesso anche a Mediaset e dintorni – quella stabilità di cui entrambi hanno bisogno. Gli “animal spirits” del Caimano però alla fine hanno prevalso. E tanto Fidel come il patron di Mediolanum, come sempre, si sono adeguati alle sue scelte.

I numeri raccontano bene la sfida che attende nei prossimi mesi la Berlusconi Spa: nei quattro anni (2008/2011) di governo del suo socio di maggioranza, per dire, Mediaset ha messo assieme 1,3 miliardi di profitti. Salvo sprofondare per la prima volta in rosso (con un buco di 287 milioni) quando a Palazzo Chigi si è seduto Mario Monti. Un caso? Può darsi. L’anno scorso non è stato facile per nessuno nel mondo dei media. Ma la rimonta in Borsa dei primi nove mesi del 2013 conferma come i destini del gruppo siano legati a doppio filo ai capricci della politica a Roma.

Le tv di Cologno si presentano alla prova un po’ più magre di un anno fa, ancora un po’ alle corde ma con qualche motivo di ottimismo. Il boom di Piazza Affari è solo una faccia della medaglia. L’altra è il buon andamento dei piano di tagli ai costi che pare aver riportato in linea di galleggiamento i conti. I primi nove mesi dell’anno sono ancora in rosso per 27 milioni. Ma 190 milioni di spese sforbiciati da settembre 2012, molti più del previsto, fanno ben sperare anche perché dopo quasi due anni neri sul fronte degli spot (il saldo da gennaio è ancora uno sconfortante -13,5 per cento) da un paio di mesi davanti alla raccolta pubblicitaria è apparso un timidissimo segno più.

Certo Mediaset di oggi è una versione ridotta di quella di soli tre anni fa. Dal settembre 2010 ha perso quasi 600 milioni di ricavi (scesi a 2,4 miliardi) e bruciato 420 milioni di utili operativo. E l’audience media giornaliera dei canali di Arcore è crollata dal 37,7% al 32,1%. Che rischi corrono Canale 5 & C. con un governo senza Cavaliere? Il vero timore è quello di una riorganizzazione – se non una parziale privatizzazione della Rai o di una politica più aggressiva dei canali pubblici, reduci dall’epoca infausta di Raiset.

Dietro le quinte però c’è la paura che Mediaset rischi di rimanere ai margini dei riassetti nel settore tlc e media che vedono protagoniste realtà su cui la politica esercita ancora una forte influenza. EI Towers, controllata di Cologno, potrebbe scendere in campo per acquistare le torri di Telecom. E Confalonieri marca a uomo anche le trattative sulla rete e sulla crescita di Telefonica nel capitale dell’ex monopolio delle tlc. Non fosse altro perché il Biscione è socio d’affari del gruppo di Cesar Alierta in Digital+ in Spagna, azienda in cui il gruppo italiano vorrebbe far crescere la sua quota.

Fonte: Repubblica Affari&Finanza

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