Rai Teatro: la sfida de l’Unità per riportare la cultura in tv

La testata ufficiale del Partito Democratico conduce in questi giorni una “battaglia” per una televisione pubblica che ricominci a fare, tutelare e diffondere la cultura. Un’iniziativa appoggiata dal ministro alla cultura Bray e dal dg Rai Luigi Gubitosi, che insieme promettono l’apertura di un tavolo tecnico per un possibile nuovo canale pubblico: Rai Teatro.

Grazie alla crisi economica, in nome della quale vengono calpestate politica, democrazia e diritti, si torna a parlare di diffusione e tutela della cultura in Rai, argomento sempre meno affrontato in questi tempi di rincorsa all’audience. Scrivono Stefania Scateni e Luca Del Fra sul quotidiano l’Unità.

L’idea di un nuovo capitolo culturale per la tv pubblica è stata recepita sia dal ministro per i Beni Culturali, Massimo Bray, che il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, che hanno deciso congiuntamente di aprire un tavolo operativo, già dal prossimo settembre per valutare un rilancio del teatro italiano attraverso la televisione di Stato. L’idea, di Franco Scaglia, circolava da qualche tempo in rete, e l’Unità l’ha ripresa, dimostrando anche la fattibilità concreta del progetto.

Già dal nome si comprende l’aspetto più innovativo: «Rai teatro», come «Rai cinema» per i film, si presenta in primo luogo come coproduttore, collaborando alla realizzazione di spettacoli di teatro, opera, danza, performance, balletto, musica classica e no. Conseguentemente il canale televisivo, da pur meritorio contenitore di cultura, diventerebbe invece un braccio operativo di un progetto che si dovrebbe porre da pari a pari con le nostre istituzioni di spettacolo pubbliche para-pubbliche e private, stimolandole a uscire da uno stallo che certo trae la sua origine dai tagli degli investimenti pubblici alla cultura, ma si traduce anche in una mancanza di coraggio e di idee.

Naturalmente occorre trovare degli investimenti per dar vita a un progetto del genere. La Rai, in procinto di varare un piano industriale di tagli e sacrifici, non si può però permettere di lanciare un simile programma, se non vuole allargare a dismisura il colossale deficit che si porta da troppi anni sul groppone. Dopo vent’anni di televisione pubblica avvilita dalla non-concorrenza di tv spazzatura col Biscione, dall’appiattimento culturale globale, si percepisce un calo di audience di questo tipo di format e programmi. E proprio lì, affermano i giornalisiti de l’Unità, si potrebbe e dovrebbe ridimensionare la spesa, creando lo spazio per una televisione dedicata alla cultura che finalmente assolverebbe, almeno in parte, alla funzione di servizio pubblico che la Rai ha come compito statutario.

L’idea di creare una nuova televisione dedicata all’opera, al teatro, alla musica, alla danza e alla performance per essere veramente servizio pubblico implica creatività, capacità di progettazione, visione culturale. E’ un progetto affascinante, già battuto dalla tv pubblica con Rai 5, Rai Scuola, Rai Cinema (progetti ridimensionati e in parte tagliati da viale Mazzini), che mira al progresso. Un sogno catodico che però lascia per strada mille altri problemi, e non trova una collocazione nello spietato mercato televisivo (dove opera la tv di Stato) che soffre la crisi della pubblicità e le storture del duopolio.

Fonte : unita.it

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