Copyright online: Agcom vara le regole di controllo soft-repressive

L’Agcom prova nuovamente a mettere un controllo sul Copyright online. Dopo le contestatissime e censorie regole proposte un anno fa dal precedente Consiglio, l’Autorità per le comunicazioni ha approvato ieri il nuovo schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore in Rete, atto a bloccare le violazioni con fini di lucro e la pirateria massiva online, che esclude però dal suo raggio d’azione di controllo e repressione gli utenti finali che scaricano materiale “illegale” e il peer-to-peer.

Lo schema di regolamento, approvato dal Consiglio Agcom presieduto da Angelo Marcello Cardani, relatori i commissari Antonio Martusciello e Francesco Posteraro, «è frutto di un’ampia e approfondita riflessione su tutti gli elementi acquisiti nel dibattito sviluppatosi in seno alla comunità d’interesse e dal confronto con i modelli di altri Paesi europei», sottolinea in una nota l’Autorità, che ha «inteso contemperare la tutela del diritto d’autore con alcuni diritti fondamentali, quali la libertà di manifestazione del pensiero e di informazione, il diritto di accesso ad internet, il diritto alla privacy».

In quest’ottica, «l’Autorità si concentra sulle violazioni esercitate con finalità di lucro e assegna carattere assolutamente prioritario alla lotta contro la pirateria massiva, escludendo dal proprio perimetro d’intervento gli utenti finali (downloaders) e il cosiddetto peer-to-peer». Il provvedimento, che sarà sottoposto a una consultazione pubblica della durata di 60 giorni e notificato alla Commissione europea, «prevede l’istituzione di un Comitato incaricato, tra l’altro, di sviluppare forme di autoregolamentazione per la diffusione di contenuti digitali legali, di monitorare l’applicazione del regolamento e di formulare all’Agcom proposte di aggiornamento in relazione ai cambiamenti tecnologici e di mercato».  Se i tempi verranno rispettati, il regolamento potrebbe entrare in vigore il 3 febbraio 2014.

«La procedura di enforcement proposta, pur svolgendosi in tempi brevi, rispetta il principio del contraddittorio – sottolinea ancora l’Agcom – in modo da consentire a tutti i soggetti interessati di far valere le proprie ragioni». E’ previsto che il procedimento dinanzi all’Autorità «possa essere avviato solo su istanza del soggetto legittimato, non d’ufficio, e dopo aver rivolto, senza esito positivo, una richiesta di rimozione al gestore della pagina internet». Le misure messe a consultazione «sono quelle previste dal decreto legislativo n. 70/2003 – rimozione selettiva o disabilitazione dell’accesso ai contenuti illeciti – e saranno improntate a gradualità e proporzionalità, tenendo conto della gravità della violazione e della localizzazione del server».

Infatti i soggetti più colpiti saranno gli ISP, i fornitori di Internet, chiamati a inibire l’accesso agli utenti italiani (pena una multa sino a 250 mila euro e segnalazione all’Autorità giudiziaria) e a dare all’autorità i nomi dei titolari dei siti Internet «pirata» (torna il rischio per la tutela dei dati personali). Un provvedimento che soddisfa in pieno le lobby di categoria, dalla federazione della musica all’Associazione degli editori.

L’intervento dell’Agcom«si fonda comunque sul convincimento che la lotta all’illegalità non possa limitarsi all’opera di contrasto, ma debba essere accompagnata da una serie di azioni positive di importanza cruciale: la promozione dell’offerta legale, l’informazione e l’educazione dei consumatori, essenziali per creare una «cultura della legalità nella fruizione dei contenuti». In quest’ottica l’Autorità ritiene che «il fenomeno della pirateria possa ridursi anche grazie a strumenti che favoriscano l’accesso legale alle opere digitali».

Le attese critiche arrivano da parte dei giuristi esperti di Copyright digitale. Per l’avvocato blogger Guido Scorza, la nuova bozza di consultazione «è pericolosamente simile alla precedente». E il giurista esperto di copyright Fulvio Sarzana sottolinea imprecisioni e passaggi anomali: «È molto peggio di come ci si aspettava». Ad allarmare, per esempio, è che sebbene la delibera sia sottoposta a consultazione pubblica, l’Autorità indichi già la data di entrata in vigore. «È la prima volta che mi capita di vedere un provvedimento soggetto a consultazione pubblica (che potrebbe in teoria anche far ritornare sui propri passi) che dice in sostanza fate ciò che volete, noi vi ascoltiamo, ma abbiamo già deciso che il 3 febbraio la delibera sarà comunque in vigore».

Sarzana afferma inoltre dal suo blog che il regolamento pare «costruito per fornire gli strumenti di repressione rapidi ed indolori ai titolari del diritto d’autore. L’Autorità diverrà ostaggio di fatto delle richieste massive dei titolari dei diritti, mentre non si concentrerà sulle richieste dei singoli, che potrà dichiarare infondate ed irricevibili. I responsabili del sito inibito o disabilitato dai provider possono si far valere i propri diritti al Tar, ma al costo  “popolare” di 4000 euro per il contributo unificato da versare in caso di impugnazione dei provvedimenti dell’Agcom».

Fonte: Ansa

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