Il futuro della Tv? Converge nella Rete

Da un articolo di Paolo Calcagno su L’Unità del 21 aprile 2013:

Il «Peccato originale» non è un tatuaggio leggero, facilmente eliminabile con uno scroscio d’acqua.

Per i geniali uomini di tv Carlo Momigliano e Carlo Freccero, rispettivamente chief Marketing Officer di MindShare e direttore di Rai 4, e per eccellenti professionisti del piccolo schermo, quali Giorgio Gori (ex capo di Magnolia, cui si devono programmi come L’Isola dei Famosie L’eredità) e Maurizio Carlotti, vicepresidente della spagnola Antena Très, il «peccato originale » è la comune formazione e crescita nella tv commerciale di Berlusconi, esperienza che portano indelebilmente incisa sulla loro «pelle», anche quando estremizzano il loro desiderio di «parricidio» chiedendosi se dobbiamo aspettarci la «Fine della televisione o l’espansione della televisione negli altri media?» come è accaduto al convegno milanese «La tv, il futuro di un’illusione», organizzato da Mindshare, alla presenza del suo presidente Roberto Binaghi.

La complessa trasformazione della tv integrata dal web, dai social networks, eccetera, è stata battezzata «ibridazione» e associata a nuovi impatti con il pubblico e il mercato pubblicitario. «L’ultima volta che la tv si è rivelata in sintonia con il comune sentire – ha sostenuto Freccero – è stato quando nel 2000 ha lanciato il Grande Fratello, ottenendo giustamente il 40%dell’audience nazionale. Oggi, la piazza è Internet, come viene dimostrato anche in queste ore con i recenti fenomeni politici. La tv generalista non può aspirare più a grandi audience, mentre assistiamo alla novità dell’associazione tra mezzo televisivo e web: l’applausometro di XFactor, su Sky, genera ulteriore audience, così come su La7 un programma tocca il record dei 167mila messaggi da Twitter: la capacità della tv di generare quantità enormi di parentele e di accresciuti ascolti, è l’espansione misurabile della Connect Tv».

Rivolto alla numerosa platea di ricercatori e operatori del marketing televisivo, Carlo Freccero ha definito «una fortuna» la crisi economica che affligge mezzo mondo. «Dovrete partire da questa crisi – ha aggiunto Freccero – per disseminare e raccogliere nuove audience in tv, per far crescere il pubblico con nuove idee. E accanto al televisore avrete sempre un computer per misurare i valori reali dell’audience». Anche per Carlotti quello in corso «sarà “un secolo d’oro” per la pubblicità e per la ricerca di nuovi marchi. E il mezzo migliore per lanciare le nuove marche rimane la tv. Altro che ibridare. La tv commerciale è il martello, ha cambiato tutto. Di meglio ricordo solo la tv monopolista».

Infine, Gori ha sottolineato quanto il digitale abbia cambiato ogni cosa con la frammentazione del pubblico in infinite offerte e l’apparentamento dei programmi con i social network. «Quando sul Web circoleranno le grandi reti ad alta velocità – ha osservato l’ex direttore di Canale 5 – gli editori saranno Google, Facebook, Twitter, Microsoft, eccetera. È inevitabile, anche se per la produzione-tv italiana sarà una catastrofe». Web o non web per i tre ex Fininvest (4, con Momigliano) tv vuol dire audience e da lì si salta sul mercato. E l’apparentamento con la rete, veloce e no, sarà comunque al servizio del «martello » che ci delizierà: insomma, «ibridata» o no, la tv resta un «mass medium», uno che parla e tutti ad «ascoltare», più o meno raffinati dalle innumerevoli scelte che ci illuderanno di interagire coi programmi e di crearci il proprio palinsesto.

Il «peccato originale» non si cancella e nell’alleanza tra web (che per sua natura si basa sulle «Intelligenze connettive» e sul rapporto «peer to peer») e tv gli ex Fininvest annunciano la supremazia del video, sia pure arricchito di un nuovo valore. «Cosa salvo della tv commerciale, oggi? – si è chiesto Freccero -. Salvo Le Iene, Maria De Filippi e le trasmissioni del mio amico Antonio Ricci (Striscia, Paperissima): sono programmi che, in qualche modo, trasmettono dei valori. Accanto ai numeri, alla quantità, occorre che ci sia un valore, qualcosa che non si può misurare. “Comunicare è condividere”, secondo lo spot Telecom e questo mi colpisce. Oggi, la merce non può essere venduta se non trasmette anche un valore».

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