Rai: arriva la manovra salva conti e una causa contro YouTube

Una causa contro YouTube (come Mediaset) per la trasmissione non autorizzata di filmati coperti da copyright. Seicento prepensionamenti che manderebbero a casa i massimi dirigenti aziendali. E a seguire fino a 300 assunzioni di giovani, anche attraverso concorsi. Tagli ai cachet delle stelle del video e alla spesa per i diritti sportivi. Secondo un articolo di Aldo Fontanarosa del quotidiano La Repubblica, sarebbero queste le contromisure che lancerà Viale Mazzini per salvare le casse della tv di Stato.

La Rai dovrebbe varare infatti un pacchetto di misure strutturali atte a puntellare i conti dei prossimi 5 anni, ma con effetti già nel 2013. L’aumento del nuovo canone ordinario (quello per le famiglie) di un euro e mezzo (costerà ora 113,5 euro) non basta dunque a risolvere l’emergenza finanziaria delle reti pubbliche. Che hanno bisogno di una cura più severa.

Copyright online. Contro YouTube, il gruppo Mediaset si è mobilitato addirittura nel luglio del 2008, con una richiesta di risarcimento danni di 500 milioni per «l’illecita diffusione di video e audio». Il canale di condivisione video di Google, sotto imposizione di un tribunale italiano, è stato costretto a rimuovere i filmati del Grande Fratello postati dagli utenti. Ma nel corso della lunga guerra col Biscione è stato anche scagionato dall’accusa di responsbilità sulle violazioni del diritto d’autore per lo streaming delle partite di calcio trasmesse legalmente da Mediaset Premium.

Ora anche la televisione di Stato “muove” contro i colossi del web. Dal dibattito in Consiglio di amministrazione, si deduce che Rai sta monitorando Internet per documentare quanti e quali video siano presenti in Rete senza autorizzazione. Poi partiranno una richiesta di chiarimenti a Google e YouTube, una proposta di conciliazione pacifica, se necessario le contestazioni legali.

Nel bilancio economico per il 2013, la tv pubblica accantona una cifra importante — 53 milioni — per convincere un plotone di suoi dipendenti (600) a lasciare la scrivania volontariamente, in pensione anticipata. Nel confronto con i sindacati, la Rai traccia l’identikit di questi lavoratori che sono anziani (dai 60 ai 65 anni), hanno ruoli e stipendi pesantissimi, e ormai i requisiti per la pensione (oppure la raggiungeranno entro il 2015). L’operazione può sfoltire l’intero stato maggiore — o quasi — di Viale Mazzini. Se questi top manager rifiuteranno lo “scivolo” incentivato la tv pubblica dichiarerà lo stato di crisi e imporrà il pensionamento.

Questa è una televisione di vecchi. A Viale Mazzini lavorano solo 50 persone sotto i trent’anni. E tra questi 50, non c’è uno straccio di giornalista. E’ urgente un’iniezione di energie giovani (inclusi i “nativi digitali”, gente oggi sotto i 25 anni). Intanto che gli anziani lasceranno il campo, la Rai procederà a nuove assunzioni, «da 200 a 300». Tornano i concorsi pubblici, evento eccezionale nella televisione di Stato preda dei partiti. Per ritrovare dei concorsi in Rai, bisogna andare indietro ai 40 neolaureati che il direttore generale Cappon prese nel 2007, ai 30 praticanti giornalisti reclutati nel 1989, in tutt’altra era geologica. Anche sui “ragazzini” ingaggiati nel 2013, cadrà il compito di tenere alta la qualità dell’offerta dei programmi, che il vertice aziendale non deprimerà, malgrado i tagli economici.

Il canone delle famiglie, dunque, aumenta di un euro e mezzo e arriva a 113,5. La tv di Stato — non contenta — rispolvera alcune armi contro gli evasori della “gabella” (il 27% delle famiglie, con danno ai conti aziendali per 500 milioni). Viale Mazzini chiederà di conoscere i nominativi delle persone che comprano un televisore (e che sono tenute a versare il canone, in quanto imposta sul possesso dell’apparecchio). Grazie alla sponda dell’Agenzia delle Entrate, la televisione pubblica confida di accedere anche al database di clienti Sky.

Infine come Mediaset, come la stessa Sky, Viale Mazzini ha deciso di sforbiciare i compensi delle star, a scadenza di contratto. I diritti per trasmettere il calcio all’estero vengono pagati ormai il 40% in meno. Stesso discorso per i diritti di nuoto o ciclismo.

Fonte. La Repubblica

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