Tv on demand e social: cresce il pubblico italiano

Il 30% degli italiani guarda la tv in maniera ‘non lineare’. Lo rivela una ricerca presentata a Milano da Mediaset, secondo la quale un numero sempre crescente di persone sceglie di seguire un programma in diretta streaming sul proprio tablet, magari perché è fuori casa, oppure, se si é perso qualcosa, sul web dopo la messa in onda, o ancora cerca solamente un frammento di una trasmissione postato su Youtube o su Facebook, dopo aver letto una discussione sui social network.

Sempre più frequentemente, un programma viene rivisto sul pc perché ha fatto discutere su Twitter, Facebook e sui forum legati allo show. Si calcola, infatti, che il 66% degli italiani mentre fa il telespettatore, diventa un vero e proprio opinionista virtuale, inviando commenti sulla trasmissione che sta guardando attraverso il computer, lo smartphone o il tablet. L’utenza cosiddetta ‘liquida’ è destinata ad aumentare, e per questo le televisioni si stanno attrezzando per seguire un pubblico che altrimenti perderebbero, creando una vera e propria comunità fidelizzata. Questa tendenza, però, rende molto difficile registrare il successo di un programma o di una serie, perché dieci anni fa l’utente guardava la televisione in una sola maniera, adesso in modi e tempi diversi: oggi non si tratta più solo di capire quanto la guarda, ma anche come e quando.

La ricerca rivela inoltre che cresce il numero dei canali televisivi, aumentano i telespettatori. A pochi giorni dal completamento della digitalizzazione in Italia, è tempo di fare un punto e un dato salta all’occhio: dal 2002 al 2011 l’ascolto medio complessivo in milioni è cresciuto dell’11% in Italia. «Un dato che si può leggere come il risultato della crisi economica – ha detto Alessandro Salem, direttore generale contenuti di Mediaset – molti italiani rimangono a casa la sera per risparmiare e scelgono di guardare la tv».

Secondo Marco Paolini, direttore marketing strategico di Mediaset, bisogna anche considerare che negli ultimi dieci anni l’avvento del digitale ha ampliato l’offerta del piccolo schermo, che dai sette canali generalisti è passata alla ampia scelta della programmazione in chiaro e della pay-tv. «Se in una serata qualunque del 2002 un cinefilo voleva guardare un film aveva solo una possibilità – ha aggiunto – mentre oggi ha a disposizione un numero molto superiore di titoli». Alle volte paragonabili a quelli che troverebbe in un multisala. La televisione è cambiata, ma nel 2011 sono sempre le emittenti generaliste, Rai, Mediaset e La7, a mantenere il primato, con poco meno dell’80% di share calcolato sul totale d’ascolto, tenuto conto anche dei nuovi canali tematici trasmessi sul digitale. Il resto della torta se lo spartiscono Sky, e l’offerta multipiattaforma.(ANSA)

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