Mediaset: contro la crisi arriva Internet e il mobile

Il Biscione è in crisi. L’assenza del tradizionale appoggio del governo, la crisi della pubblicità e  un modello di sviluppo industriale poco chiaro stanno affossando quel gruppo televisivo tra i più potenti d’Europa.

I conti 2011 di Cologno Monzese hanno evidenziato infatti un fatturato sostanzialmente stabile a 4,25 miliardi di euro (-0,1%), ma con una evidente flessione dell’utile netto, sceso da 352,2 milioni a 225 milioni. Mentre è aumentato l’indebitamento finanziario del gruppo da 1,59 miliardi a 1,775 miliardi. Ma la preoccupazione maggiore viene dalla raccolta pubblicitaria: nel 2011 la flessione è stata del 3,3 per cento in Italia — il mercato, senza Mediaset, ha perso il 4,2 per cento —, un calo che non sembra attenuarsi. Anzi, da novembre 2011 ogni mese la raccolta diminuisce. Solo a gennaio 2012 mancano all’appello un centinaio di milioni e nei due mesi successivi i numeri non sembrano dare maggior conforto.

Per questi motivi Mediaset è costretta a cambiare faccia e strategie, dopo l’abbandono di Endemol (che costerà una minusvalenza di almeno 145 milioni di euro), la defenestrazione di Fede e il lancio delle All news.  E’ chiaro che il modello della tv sta cambiando, anche se a Cologno l’hanno capito in ritardo. La tv generalista, che è ancora in grado di garantire utili per centinaia di milioni, perde terreno negli ascolti, e sulle nuove generazioni.

Il futuro ha una sola strada, già percorsa dai competitor europei: Internet e la tv convergente. Dalla catch- up tv alla tv on demand con un nuovo business model. Se tutti sono d’accordo sull’evidenziare come in Italia la televisione generalista — che in Mediaset vale circa l’80% del business — sia un prodotto da rivedere, vale la pena evidenziare come solo mercoledì scorso, 11 aprile, si siano raccolti davanti alla televisione 30,3 milioni di italiani. Certo, circa 7 milioni sono sui canali a pagamento (Sky + Mediaset Premium), ma il dato è significativo. Sarà la crisi, che spinge le famiglie a rimanere maggiormente in casa, ma simili cifre sembravano appartenere al passato.

Le sfide di oggi e del futuro, non solo per Mediaset,  sono da percorrere con la tv convergente tra internet e  la televisione mobile, sul pc, sul tablet, senza palinsesti e vincoli d’orario. Un passo ulteriore verso la segmentazione della fruizione. Mediaset all’inizio del prossimo maggio lancerà un’applicazione che permetterà di vedere i programmi già andati in onda sull’iPad, per ora ci si limita al pc o al canale Mediaset Extra. Sono reperibili molti programmi, non tutti, per non rischiare, sottolineano da Cologno, «di frantumare ulteriormente gli ascolti». Mentre l’offerta ad personam passa oggi anche attraverso i servizi a pagamento del canale Premium Play, con una proposta di circa 250 titoli di film, per contrastare lo strapotere di Sky, sia sul fronte della raccolta pubblicitaria che nel numero degli abbonati.

Anche per Mediaset Premium le cose vanno maluccio, i ricavi sono in aumento, ma anche costi. Soprattutto sono raddoppiati quelli legati ai diritti sul campionato italiano di calcio, tanto che il bilancio si è chiuso (anche per questo) con una perdita di 68 milioni di euro. La corsa contro  il gruppo della tv satellitare di Murdoch si gioca ora con offerte al ribasso sul prezzo d’entrata. Per di più entrambi i gruppi sanno che lo spettatore a pagamento offre alla società una serie di dati fidelizzanti non immaginabili nel mondo della tv generalista e commerciale: si va da quelli banalmente anagrafici, fino ai gusti espressi davanti al piccolo schermo e alle abitudini di visione.

In attesa di capire come si vedrà e cosa si vedrà nella televisione di domani, a Cologno fanno i conti con il presente. Il vice presidente Pier Silvio Berlusconi ha recentemente garantito che non ci saranno tagli occupazionali, ma altri tagli sono già in corso. Anzitutto sui costi delle produzioni. Alcuni show sono stati mandati anticipatamente in vacanza, di taluni diritti si è rinviato l’acquisto, i contratti degli artisti in scadenza vengono rinnovati al ribasso. Nulla di paragonabile con quanto avviene al di fuori degli studios , sia chiaro, ma sono stati programmati tagli per 250 milioni di euro l’anno per i prossimi tre anni.

Fonte: CorrierEconomia

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