Fibra ottica: nuovo warning dall’Ue, migrazione dalle reti in rame troppo lenta

La Commissione Europea ha rilanciato verso i Paesi dell’Unione e i suoi operatori delle telecomunicazioni un nuovo avvertimento contro i ritmi troppo lenti della migrazione dalle reti in rame a quelle in fibra. Il cartellino giallo della Commissione arriva nel momento in cui i mercati sono in attesa delle linee guida dell’Ue per incoraggiare gli investimenti nelle cosiddette reti ultrabroadband Nga (Next generation access). «In generale, la migrazione all’Nga sta prendendo piede a ritmo lento», si legge in un documento di lavoro della Commissione circolato la settimana scorsa fra gli esperti del settore.

Bruxelles sottolinea che i maggiori operatori, se investono per aumentare la velocità di connessione in Europa, lo fanno soltanto per procedere all’upgrading delle loro reti in rame. «Soltanto una minoranza finora ha predisposto investimenti di una certa entità o ha in programma di completare lo switch-off del rame», precisa il documento. Un atteggiamento in forte contrasto con gli obiettivo dell’Ue 2020 che prevedono la copertura ultraveloce a 30 mbps per il 100% del territorio e un minimo del 50% di penetrazione di internet superveloce a 100 mbps.

Ad oggi, soltanto il 6,5% delle connessioni a banda larga raggiunge la velocità di 30 mbps e appena lo 0,9% raggiunge 100 Mbps. La fibra è la soluzione tecnologica in grado di ridurre il gap e di fornire l’infrastruttura migliore per diffondere l’ultra broadband in Europa nei prossimi decenni, anche se molti operatori e diverse authority non sembrano orientati verso questa in questa direzione. Appena il 2% delle connessioni in Europa oggi sono basate sulla fibra ottica.

In Italia, nonostante l’avvento dell’Agenda Digitale del governo tecnico, e gli sforzi (limitati nei mezzi e nella copertura) di operatori e telco come Metroweb e Fastweb per cablare con le reti NGN il territorio nostrano, il mercato rimane bloccato dalle posizioni di evidente monopolio di Telecom Italia, che gestisce ancora la quasi totalità della rete in rame, e che continua a frenare e ostacolare in tutti i modi la migrazione alla fibra. Nonostante gli altisonanti annunci da parte di Bernabè & Co. di presunti investimenti miliardari e per lo sviluppo delle reti di nuova generazione.

Fondi pubblici vs finanza creativa

Secondo stime di Bruxelles, affidarsi all’upgrading delle reti in rame per raggiungere la copertura a 30 mbps entro il 2020 costerebbe fra i 38 e i 58 miliardi di euro. Il progetto più ambizioso e duraturo, che implica la realizzazione di una rete in fibra ad almeno il 50% della popolazione dell’Ue, ha invece un prezzo compreso fra 181 e 268 miliardi di euro, fa sapere la Commissione.

E’ improbabile che questi fondi possano arrivare dal settore pubblico in tempi di austerity come quelli attuali. Per questo la Commissione suggerisce il ricorso ad altri metodi di finanziamento, dal ricorso ai project bonds al potenziamento di altri strumenti finanziari innovativi per coinvolgere gli investitori privati. Un’altra fonte alternativa di investimenti potrebbe coinvolgere l’utente finale in quelle aree dove la costruzione dei network è ingiustificata per motivi commerciali. Una soluzione adottata ad esempio in Finlandia, in aree ricche ma scarsamente popolate, dove gli utenti finali pagano per realizzare l’ultimo miglio per collegare la dorsale Nga alle abitazioni. In cambio ottengono deduzioni fiscali di un certo rilievo. Ma è improbabile che questo modello si estenda in altri paesi europei.

I grandi operatori come Deutsche Telekom e Telefonica sono quelli che dovrebbero sopprotare il maggior carico finanziario per la migrazione dal rame alla fibra. I più radicali sostengono che sia un obbligo per gli incumbent quello di sobbarcarsi gli investimenti, come risarcimento per l’utilizzo pluriennale di network finanziati con fondi pubblici. I più moderati sostengono invece che gli incumbent dovrebbero investire soltanto per ragioni puramente commerciali. La fibra è in ogni caso un nuovo mercato, dal potenziale enorme, soprattutto per i nuovi entranti.

Gli operatori dal canto loro stanno ritardando gli investimenti in fibra, per timore di perdere clienti nel processo di migrazione dal rame, e chiamano in causa il regolatore per aumentare il prezzo di accesso dei competitor alle loro reti, argomentando che i maggiori ricavi sono necessari per finanziare la fibra. La Commissione assumerà con ogni probabilità una posizione opposta. Neelie Kroes, commissario Ue responsabile delle telecom, sta valutando un approccio che prevede incentivi per le aziende che investono in Nga e penalizzazioni per coloro che non intendono spendere. Una raccomandazione Ue sul prezzo di accesso è attesa a settimane. C’è una forte azione di lobby in questi giorni, in attesa della decisione finale della Commissione. Neelie Kroes è conosciuta per cambiare spesso e volentieri idea.

Fonte: corrierecomunicazioni.it

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