Sindacati Rai: referendum per sfiduciare il vertice dell’azienda pubblica

Un “referendum” di tutti i lavoratori Rai per sfiduciare il vertice Rai, attivando in questo mese di gennaio punti di raccolta e presidi in tutte le sedi Rai per consentire ai lavoratori di rispondere al quesito referendario. L’esito della consultazione sarà reso pubblico attraverso una conferenza stampa e sarà consegnato al Ministro dell’Economia Tesoro e Finanze, per la sua funzione di azionista unico della Rai.

Inoltre, in febbraio ci sarà una assemblea pubblica. Lo annunciano Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater e Libersind-ConFsal, riuniti nel coordinamento nazionale dei delegati Rai, che hanno deciso di proseguire le iniziative di mobilitazione. Sotto accusa sono scelte operate dal vertice e che i sindacati reputano «non avere alcuna sintonia con il tessuto aziendale», oltre che esser scelte operate «in funzione di interessi che nulla hanno a che fare con la Rai e con la funzione di servizio pubblico». I sindacati rilevano che «durante le recenti festività si sono concretizzati i primi effetti del Piano di risanamento dei vertici aziendali: la chiusura di Rai Corporation con il preavviso di licenziamento per 40 lavoratori della sede di New York, la chiusura degli uffici di corrispondenza di Mosca e Montevideo con ulteriori 8 licenziamenti, oltre alla chiusura di Rai internazionale con la difficoltà di ricollocazione di 90 lavoratori. Questa è stata la risposta conflittuale dell’azienda all’enorme partecipazione allo sciopero del 22 dicembre».

Per Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater e Libersind-ConFsal «ciò conferma ancora una volta l’inadeguatezza dei vertici aziendali che, totalmente sordi alle proposte e alle proteste sindacali, proseguono nell’applicazione del Piano Industriale Masi 2010/2012 (riferito al piano proposto dall’allora direttore generale, ndr), in pieno spregio della funzione di servizio pubblico della Rai». Nella nota le organizzazioni sindacali aggiungono che «non è bastato al Cda determinare la perdita di programmi fondamentali dal punto di vista qualitativo ed economico, il non aver intaccato nè le clientele nè gli sprechi che si realizzano soprattutto attraverso appalti e consulenze. Il management persevera nell’intento di ridurre la capacità produttiva e ideativa dell’azienda, desideroso di fare cassa vendendo asset strategici, quali le torri trasmittenti, e abbandonando spazi di mercato fondamentali per realizzare una operazione contabile di breve respiro. Ne è ulteriore segnale la mortificazione degli investimenti e del personale, condizione che inevitabilmente la Rai pagherà a partire dal 2012». (AGI)

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