Asta Frequenze Tv: pausa di un anno e gara con le telco. Ma Berlusconi annuncia battaglia

Una cosa è certa: le frequenze tv non verrano più regalate a Rai e Mediaset. E il concorso di bellezza del digitale terrestre potrebbe subire forse un stop (di un anno?) o/e una profonda revisione. Lo ha dichiarato il ministro allo sviluppo economico Corrado Passera, in occasione dell’intervista di ieri in tv a “Che Tempo che Fa“. Il governo tecnico dovrebbe prendersi un pò di tempo, anche per capire come valorizzare al meglio una risorsa pubblica scarsa come le frequenze televisive senza regalare niente a nessuno.

L’idea che si sta pian piano formando tra gli uomini di Mario Monti è quella di destinare alcuni canali a un mercato non televisivo, ad esempio riconvertendoli e assegnandoli magari tra un anno agli operatori telefonici che stanno conoscendo un forte sviluppo della tecnologia della banda larga mobile bisognosa di frequenze. Anche perchè si rischia una gara deserta tra operatori tv. Secondo La Repubblica i nuovi entranti televisivi latitano, e pare che in ogni caso non possano investire grandi cifre sulle stesse frequenze. Mentre le telco italiane e straniere di fronte a un mercato delle tecnologie mobili del 4G in pieno sviluppo possono contare su ingenti investimenti.

Alcuni esperti del settore inoltre ipotizzano che il governo potrebbe concedere sia a Rai sia a Mediaset di trasformare le proprie frequenze DVB-H (quelle destinate alla telefonia mobile) in DVB-T (per la tv digitale) sulla scia di ciò che il precedente governo si era già impegnato a fare per i cinesi di H3G, i quali hanno già appostato a bilancio il valore della frequenza trasformata. Con questa possibilità Rai e Mediaset arriverebbero così al tetto dei 5 multiplex a testa (ne hanno già quattro e ognuno dà diritto a trasmettere sei canali in digitale) e verrebbero così escluse da nuove aggiudicazioni. Quindi il Ministero potrebbe fissare un prezzo di base d’asta minimo per eventuali nuovi entranti nel settore televisivo a cui assegnare quelle frequenze che oggi vengono congelate.

In questo modo si verrebbe incontro alle richieste degli operatori più piccoli che desiderano entrare nel mercato del digitale in nome del pluralismo dell’informazione. Con questo passaggio, forse, si riuscirebbe anche a sanare la procedura d’infrazione della Commissione europea, aperta nel lontano 2006, a causa del dividendo digitale dettato dalla Legge Gasparri del 2004, che favorì palesemente i solti operatori “incumbent” rispetto ai nuovi entranti. Infine se queste frequenze non venissero assegnate in toto o perché non vi sono nuovi entranti o perché quelli che si presentano pagano troppo poco, le stesse potrebbero essere riconvertite per essere vendute in un momento successivo, tramite asta, agli operatori telefonici.

Ma nonostante la possibile concessione di un altro canale, la principale vittima di una vera competizione onerosa per le frequenze, dicono a Palazzo Grazioli, rimane Mediaset, che vedrà sfumare in un sol colpo (senza il Beauty Contest) la possibilità di bloccare l’ingresso di altri concorrenti, di sviluppare l’alta definizione con il nuovo multiplex di frequenze, e soprattutto di avere in regalo un canale che tra cinque anni avrebbe potuto rivendere indisturbato a prezzi di mercato. Si dice che Berlusconi sia furibondo (secondo sempre La Repubblica) e che dal Pdl (a detta di Gasparri) e da Cologno siano pronti numerosi ricorsi per bloccare tutto. «Questa sì che è una legge ad personam, una ritorsione contro di me. Voglio vedere come si attirano gli investimenti stranieri in uno Stato che cambia le regole in corsa», avrebbe dichiarato l’ex premier. Intanto oggi, dopo le notizie sul beauty contest, il titolo Mediaset cede il 2,35% a 1,944 euro anche se con volumi modesti.

L’uscita di scena di Mediaset, che non può vantare in questo ultimo anno dei buoni bilanci, dalla possibile gara per i multiplex non è però la sola. La Rai infatti non può proprio partecipare a un’asta, oberata da 350 di milioni di euro di debiti. «Siamo entrati nel beauty contest non per una ragione strategica, ma perché c’erano tutti i nostri competitori», spiega Giancarlo Leone, vicedirettore generale della Rai, responsabile fino a pochi mesi fa responsabile del digitale.  E’ assai probabile che anche Telecom Italia si defili, in vista della cessione di una parte della società di La7 (TI Media), e soprattutto perché il suo core business è la telefonia che ha già investito moltissimo sulle frequenze. Meglio così, perchè la gara, se verrà fatta, dovrà appunto essere pensata per aprire un mercato televisivo dominato dai soliti noti.

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