Romani (Pdl): “Rifare il sistema frequenze tv porterebbe alle sanzioni Ue”

«Annullare» quanto fatto per assegnare le frequenze Tv (cioè il concorso di bellezza del digitale terrestre) e «ripartire da zero su un percorso amministrativo ormai in dirittura d’arrivo rischia solo di riaprire una procedura d’infrazione con l’Ue, creare incertezza nel settore, esporre l’Italia al rischio di azioni risarcitorie dagli attuali partecipanti e soprattutto mettere a rischio gli investimenti che gli operatori possono programmare su quelle risorse frequenziali».

Lo afferma l’ex ministro Paolo Romani, intervistato dal Giornale dopo che la Lega ha annunciato di essere pronta a votare col Pd per l’asta delle frequenze tv. Romani spiega poi che il Beauty Contest «è il passo finale per chiudere una procedura d’infrazione europea per la presunta ‘chiusura’ del sistema tv italiano. Ne derivava la necessità di recuperare frequenze assegnate per poter dare la possibilità a nuovi entranti di accedere al mercato. Un’asta avrebbe favorito chi è già presente da anni sul mercato. Passera – aggiunge – saprà sicuramente valutare qual è il sistema più corretto per incentivare gli investimenti privati per le caratteristiche di un settore che si articola in due mercati totalmente differenti, Tlc e Tv, per dimensione economica, modelli di business e tempi di rientro degli investimenti».

L’ex ministro per lo sviluppo di Mediaset non si accorge (o non vuole vedere) che di operatori tv nuovi entranti nel concorso di bellezza non ne sono proprio rimasti dalla recente uscita dalla gara di Sky. E sa benissimo che la procedura di infrazione delle regole sulla concorrenza dei mercati europei sarà chiusa, a detta del commissario Ue Joaquin Almunia, solamente solo dopo che il beauty contest sarà stato effettuato rispettando le norme europee, e solamente dopo che l’Europa avrà verificato l’effettiva apertura del mercato televisivo italico. Romani si dimentica pure di raccontare che le sanzioni della Commissione europea sul sistema televisivo italiano (inflitte nel 2006) sono figlie dei precedenti governi Berlusconi che hanno varato numerose leggi pro-Mediaset (come la Legge Gasparri del 2004 sul dividendo digitale), con la complicità dell’Autorità garante delle comunicazioni, provvedimenti che hanno sempre più chiuso il mercato nel duopolio che domina ascolti e raccolta pubblicitaria tv da decenni.

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