Servizio Pubblico di Santoro mette in crisi il vecchio sistema Auditel di rilevamento di ascolti tv

Da un articolo di Carlo Tecce sul Fatto Quotidiano di sabato 26 novembre 2011:

Cinque ore di ritardo, sempre di venerdì; scuse nervose, sempre di venerdì. Il sistema Auditel, tarato su televisioni nazionali e bipolarismo (tripolarismo, al massimo), certifica il rapporto con la multi-piattaforma di Servizio Pubblico: inadeguato. Ieri i risultati di ascolto slittano di continuo, c’è ancora troppa confusione, come già successo due settimana fa, sui numeri di ben 26 emittenti locali del circuito di Michele Santoro.

(Guarda qui l’ultima puntata in diretta Web.)

In tarda mattinata, aspettando il comunicato ufficiale, l’Auditel scrive ai suoi clienti, cioè editori televisivi e centri media: «Nonostante le nostre tempestive segnalazioni e tassative istruzioni, continua a registrarsi il fenomeno di emittenti formalmente aderenti al progetto Servizio Pubblico che non trasmettono il programma di Santoro. Occorre chiarire subito che – spiega la società in una lettera riservata – i ritardi nella messa in linea dei dati corretti non derivano da inefficienze Auditel, ma da linee di ambiguità prodotte da emittenti che non segnalano in modo tempestivo modifiche ai palinsesti». L’ultima frase gonfia l’equivoco più che limare i sospetti: «Va inoltre ribadito che il risultato complessivo della trasmissione non ne risente, ma è l’assegnazione alla singola emittente che potrebbe risultare penalizzata».

Prima traduzione: qualche emittente regionale, non di certo Sky, annuncia Servizio Pubblico e poi manda in onda chissà cosa. E invece, siccome il segnale si sovrappone di regione in regione, una televisione locale “inva de” il territorio di una concorrente mandando in crisi il segnale Auditel. Seconda traduzione: forse l’8% di share, i 2 milioni di telespettatori – 370 mila in meno rispetto a 7 giorni fa – corrispondono al vero, ma anche no. Perché Auditel fatica a rilevare il pubblico di una singola emittente per un complesso gioco di ponderazione e campione (5 mila e 500 famiglie in totale). Se una volta a settimana, soltanto una, 26 piccole televisioni diventano grandi insieme si dimostra più complicato distinguere i telespettatori Mediaset, Rai o La7 che si passano e ripassano il pubblico.

A parte i limiti strutturali di Auditel e il calo complessivo per i prodotti d’informazione, la redazione di Santoro evidenzia il lato positivo: la multi-piattaforma resta il terzo canale del giovedì e Servizio Pubblico il primo programma d’informazione. Anche il deputato Roberto Rao, capogruppo Udc in commissione di Vigilanza, consiglia ad Auditel di aggiornarsi: «Una volta è un incidente, la seconda è una coincidenza, ma dalla terza in poi è un brutto vizio». «Ancora una volta il venerdì mattina, giorno seguente il programma di Santoro trasmesso su multi-piattaforma, l’Auditel ritarda inspiegabilmente la pubblicazione dei dati di ascolto». E aggiunge: «È la conferma dei tanti dubbi sollevati da più parti su un sistema datato rispetto allo scenario multimediale su cui dovrebbe essere interesse prima di tutto di Rai e Mediaset, principali azionisti del consorzio, fare piena luce. Rischiamo di svegliarci tardi – conclude – senza sapere come trovare un’alternativa».

L’Auditel non è uno specchio per misurare i muscoli, ma la fonte principale per dividere la raccolta pubblicitaria, un capitale di oltre 7 miliardi di euro l’anno. Soltanto i cervellotici share e audience, due paroline inglesi fondamentali per il mercato italiano, riescono a spostare milioni di euro. E soltanto la pubblicità, a braccetto con le sottoscrizioni del pubblico, alimentano il circuito di Servizio Pubblico. Flavia Perina (Fli), ancora, chiede di ripensare l’Auditel: «A questo punto – aggiunge Perina – è innegabile ritenere sia obsoleto il sistema di rilevazione dei dati d’ascolto, che non tiene conto delle nuove modalità di fruizione dei prodotti televisivi. E diventa anche lecito pensare che forse una parte dei soci di maggioranza del consorzio, Rai e Mediaset in particolare, temono l’effetto Santoro».

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