Agenda Digitale, l’Europa bacchetta l’Italia in grave ritardo

L’Europa non aspetta più. Dopo il “commissariamento” dell’esecutivo nostrano, guidato ora da Mario Monti, l’Unione Europea bacchetta l’Italia sull’applicazione dell’Agenda Digitale, che a tutti gli effetti non è mai entrata nei programmi del governo Berlusconi. Il nostro paese, in ritardo insieme ad altri 16 Stati membri dell’Unione, dovrà recepire necessariamente la normativa europea in materia di telecomunicazioni. Pena le solite e frequenti sanzioni.

«Le norme in parola garantiscono ai consumatori dell’Unione europea nuovi diritti in materia di telefonia fissa, servizi mobili e accesso a Internet. – fanno sapere da Bruxelles – Ad esempio, il diritto di cambiare operatore telefonico in un giorno senza dover cambiare numero e il diritto di ottenere informazioni chiare sulle pratiche di gestione del traffico dati utilizzate dai fornitori di servizi Internet. Le nuove norme garantiscono inoltre una migliore protezione della vita privata e dei dati personali online».

Solo sette Stati europei (Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Malta, Svezia e Regno Unito) hanno dato piena attuazione alla normativa. Lettonia, Lituania, Lussemburgo e Repubblica Slovacca si adegueranno a breve entro i tempi stabiliti. Mentre paesi come Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Grecia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia, Ungheria, oltre all’Italia ovviamente, si sono adeguati solo parzialmente. Ma solo l’Italia spicca fra tutti gli Stati più industrializzati dell’Unione come paese afflitto da un divario digitale infrastrutturale e culturale davvero insostenibile. Un paese, quello italiano, che detiene il record del numero di connessioni a bassissima velocità, che è fra gli ultimi posti in Europa per la penetrazione delle reti in fibra ottica, e che “vanta” una diffusione della banda larga molto al di sotto della media europea.

Con l’ingresso del nuovo governo si spera che qualcosa si muova, dopo anni di chiacchiere e promesse da marinaio naufragate nel conflitto di interessi telecentrico (celebri quelle di Brunetta e Romani) e di totale immobilismo nella sola creazione di un Piano per l’Agenda Digitale italiana.  Ma Monti nel suo discorso di insediamento, menzionando lo sviluppo dell’economia digitale, ha creato moltissime aspettative. E nel giro di pochi giorni, l’intero settore del’ICT e il mercato hanno voluto più volte marcare l’attenzione sull’esigenza di una ripresa strutturale profonda per quanto riguarda la Rete italiana, con una serie di incontri come l’Internet Governante Forum (Trento), il Working Capital Tour e il Kultur Convivio (Milano).

Secondo il Digital Advisory Group e il McKinsey Institute, Internet rappresenta ormai un settore strategico della nostra economia considerando che contribuisce per il 2% al PIL nazionale e negli ultimi 15 anni ha creato 700 mila posti di lavoro. Secondo il Boston Consulting group l’Internet economy cresce ad un ritmo stimato tra il 13% e il 18% annuo, di questo passo nel 2015 rappresenterà fra il 3,3% e il 4,3% del PIL, una torta da 59/77 miliardi di euro e non c’è crisi che tenga. Paradossale visto che non esiste neanche un sottosegretario ad hoc (per l’Agenda Digitale), richiesto a gran voce da più parti, mentre – solo per citare un esempio – l’agricoltura, con il 2,3%, ha un apposito Ministero. Per riguarda la nomina del sottosegretario alle comunicazioni, che avverrà forse la settimana prossima, si fanno i nomi dei commissari Agcom Antonio Martusciello e Roberto Viola. La settimana scorsa l’IFG, a conclusione dei lavori, ha inviato una lettera aperta a Mario Monti per chiedere maggior attenzione allo “spread digitale” che l’Italia ha accumulato nei confronti dei principali paesi del mondo raggiungendo livelli insostenibili anche per la tenuta economica nazionale.

Anche Agorà digitale, insieme a numerose altre associazioni (Altroconsumo, Avaaz, Open polis ecc.) ha lanciato un appello al nuovo governo affinché pubblichi «i dati patrimoniali e reddituali e la mappa degli interessi finanziari e dei rapporti professionali di tutti i ministri del governo, rendendoli consultabili e fruibili a tutti i cittadini». «Solo così – spiegano dall’associazione – si potranno fugare i dubbi su eventuali conflitti di interesse da parte dei membri dell’esecutivo». Per ultima l’Agcom che ha stilato un nuovo regolamento per tracciare “le reti del futuro”. Banda larga, fibra ottica, condivisione delle reti tra gli operatori e un catasto unico per le infrastrutture da realizzare tra i principali punti approvati.

Fonti:  lastampa.it | tech.fanpage.it | corriere.it

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