Agcom: italiani maniaci dei social network, ma Tv mezzo prevalente d’informazione

Il caso Italia evidenzia come sia ancora la televisione il veicolo di gran lunga prevalente per l’informazione: quasi il 90%; poi vengono i quotidiani col 61%; Internet è per ora soltanto al 20%.

L’annuale Relazione dell’Agcom, redatta questa mattina a Montecitorio dal presidente Corrado Calabrò, presenta il solito quadro telecentrico del nostro sistema delle telecomunicazioni, che ha ancora troppa strada da percorrere nel 2011 per entrare nel mondo digitale della rete Internet.

«Si prefigura uno scenario senza confini grazie alle reti e alle nuove tecnologie digitali. I social network, e quindi la rete, stanno cambiando la società e le forme di democrazia come dimostrano le rivoluzioni in Nord Africa. Ma nonostante le nuove piattaforme spostino l’attenzione sulla rete, benchè gli italiani siano tra i più avidi consumatori di social network, hanno infatti il maggior tempo giornaliero speso su Facebook rispetto a tutti gli altri Paesi europei, il caso Italia dimostra come sia ancora la televisione il veicolo di gran lunga prevalente per l’informazione» esordisce Calabrò. «La tv occupa il 90% dei consumi, la stampa il 60%, e Internet per ora è soltanto al 20%».

«E il sistema televisivo italiano continua a crescere (del 4,5%). – continua il presidente Agcom – Fossilizzato nella tripartizione delle risorse tra i pochi dominanti operatori quali Rai, Mediaset e Sky. E Mediaset rappresenta il 30% delle risorse complessive, Sky il 29% e Rai il 28%. Nella raccolta pubblicitaria l’azienda di Cologno Monseze col 38% degli ascolti attira il 56% della risorse pubblicitarie, mentre Sky meno del 5%». La Rai invece 41% degli ascolti invece riesce a raccogliere solo il 24% della pubblicità anche per limiti di legge».

Calabrò, che negli anni passati ha sempre proposto una riforma del sistema tv pubblico, afferma con rammarico che «è intollerabile il livello di evasione del canone, – nel 2010 secondo l’Agcom è superiore al 30% – con i proventi dell’abbonamento non riscosso la Rai sarebbe il primo operatore nazionale».

Il sistema televisivo italiano privo di pluralismo e concorrenza si rivela ancora una volta nelle cifre degli ascolti registrate dall’Autorità: «le 6 reti generaliste di Rai e Mediaset conquistano il 73% di share medio giornaliero nel 2010. La7 solo il 3%. E i canali tematici digitali, che rappresentano solo il 5,4%  share, hanno avuto un gradimento minore (+11%) rispetto ad altri paesi già digitalizzati come Gran Bretagna e Germania». Per sbloccare questo mercato televisivo, acquisisce estrema importanza, secondo Calabrò, «il beauty contest gratuito per le 5 frequenze tv del digitale terrestre», che dopo 30 anni di proroghe e di regimi transitori ratificati dal ministero delle comunicazioni, «ha fatto chiarezza e ha messo ordine nell’uso dei canali», e potrebbe portare ad un ampliamento del pluralismo tv.

«Interpellate dalla Commissione europea, la nostra Autorità e l’Antitrust si sono motivatamente espresse nel senso che Sky possa partecipare al beauty contest, a certe condizioni. E il Consiglio di Stato ha condiviso tale avviso. Si aspetta ora che venga bandito dal Ministero dello Sviluppo economico il beauty contest, per il quale l’Agcom ha dettato regole che hanno passato il vaglio della Commissione europea. Questa ha adesso all’esame il bando di gara; solo in esito a tale esame chiuderà la procedura d’infrazione contro l’Italia».

«Quindi, se da una parte il processo di convergenza tecnologica giustifica una riflessione sul pluralismo “multimediale”, dall’altra una visione realistica del nostro Paese non può ancora prescindere da una particolare attenzione alla tv di casa nostra. In un secolo in cui l’informazione è potere, ha detto Obama, la televisione ne rappresenta la forza di occupazione».

Internet. Calabrò poi dipinge un’Italia delle telecomunicazioni come un Paese a due velocità. Se da un lato il paese può vantare una rete mobile con il tasso di penetrazione del telefono cellulare più alto d’Europa e con un drastico calo dei prezzi, che si sta diffondendo anche sulla banda larga mobile per il traffico dati (diffusione del 35%), dall’altro lato si assiste alla stagnazione per lo sviluppo delle reti fisse. «Vantiamo il dato più elevato di diffusione degli apparecchi idonei a trasmettere e ricevere dati in mobilità (dagli smartphone, circa il 30% del totale dei telefonini, alle chiavette Usb)». Sono circa 12 mln gli italiani che navigano in rete dal telefonino.

A questo fa da contraltare un mercato della rete fissa che Calabrò definisce stagnante, nonostante 5 milioni di linee attive in unbundling e il miglioramento della qualità della rete. La penetrazione della banda larga fissa è salita dal 20,6% dello scorso anno al 22%, ma è inferiore alla media Ue (26,6%) e la percentuale di abitazioni connesse alla banda larga (fisso e mobile) è inferiore al 50%, a fronte di una media europea del 61%.

Inoltre il 4% degli italiani vive una situazione di digital divide totale e il 18% non può usare che connessioni Adsl sotto i 2  Mbit/s e anche sul fronte del business, le PMI stentano ad acquisire maturità nell’utilizzo delle soluzioni informatiche e il mercato dell’information technology ancora non riesce ad invertire la rotta come invece accade in tutta Europa. Una situazione che potrebbe fare retrocedere in Serie B il paese, e precludere all’Italia la possibilità di estendere il servizio universale alla banda larga, ha sottolineato il presidente Agcom.

Per Calabrò, «è più che mai necessario attuare la gara per l’assegnazione di ulteriori frequenze alle telecomunicazioni mobili, la più grande asta di frequenze per le tlc mai effettuata in Italia da ben 300 MHz, prevista dalla Legge di Stabilità 2011». In caso contrario «si rischia il collasso delle reti mobili, perchè la situazione è preoccupante». Il tempo è un fattore importante perchè «ogni ritardo comporterebbe, ovviamente la dilazione dell’incasso, che le nostre regole prospettano, a certe condizioni, anche superiore ai 2,4 mld preventivati dalla legge».

«E’ ormai tempo – ha aggiunto – che vengano assunti precisi impegni contrattuali che assicurino la convergenza sull’obiettivo dello sviluppo delle reti fisse NGN di nuova generazione, con investimenti condivisi tra pubblico e privato, dove avrà  ruolo determinante la Cassa Depositi e Prestiti». Il tema dello sviluppo delle reti è dunque «la cornice imprescindibile in cui inquadrare tutti i tasselli del puzzle e promuovere la sostenibilità dell’ecosistema digitale», a fronte di proiezioni che indicano per i prossimi 5 anni un tasso di crescita annuo medio del 35% per la rete fissa e del 107% per la rete mobile.

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