Digitale terrestre: l’emorragia di ascolti delle tv locali

Il digitale terrestre all’italiana è un grande pasticcio indigesto per molti operatori e milioni di utenti. E le tv locali, che rappresentano il settore più danneggiato dalla transizione, subiscono un’emorragia di ascolti continua e inflessibile.

Le cause sono da ricercare nell’inadeguatezza tecnologica di alcuni decoder a basso costo (molto venduti), negli strani criteri con i quali il governo e il Ministero dello sviluppo economico hanno assegnato le frequenze nel passaggio al digitale terrestre, e infine nella tardiva e carente attuazione della numerazione automatica LCN dei canali sui tv e sui telecomandi. C’è pure da considerare la vasta frammentazione degli ascolti che sta coinvolgendo tutte le emittenti (nazionali e locali) dovuta alla proliferazione dei canali sulla piattaforma digitale.

Nel Lazio, dagli Switch-off nel novembre del 2009, si sta verificando una vera e propria “fuga” di telespettatori dalle tv locali. «Abbiamo subito un danno enorme – spiega Filippo Rebecchini, di Super Tre – si è spento l’analogico senza avere la numerazione automatica dei canali. È stata una gestione inadeguata. Tutti si sono collocati nei canali dal numero otto in giù, generando conflitti che ne impedivano la visione, la numerazione decisa dall’Agcom vale per chi ha un nuovo decoder o per chi risintonizza quello esistente. Molti però non lo fanno». O non hanno abbastanza informazione per capire cosa fare. I dati Auditel sono impietosi: dall’aprile 2009 allo stesso mese del 2011, nell’intera giornata, i contatti per almeno un minuto di Super Tre, leader nel Lazio, sono scesi da 371 mila a 116 mila: quelli di T9 da 164 mila a 63 mila; quelli di TeleRoma 56 da 168 mila a 46 mila; e quelli di Gold Lazio da 115 mila a 31 mila.

Nel ricco Nord-Est le cose non vanno meglio: «Se i dati Auditel sono giusti – sostiene Giorgio Galante di TelePadova -tutte le emittenti licali hanno perso ascolto, tranne una che ha gli stessi palinsesti di prima ed è rimasta agli ascolti dell’analogico. Il problema non sta nella trasmissione, dove pure bisogna lavorare parecchio, ma nella ricezione. I decoder hanno protocolli e sistemi di accesso tutti diversi. Dopo l’assegnazione dei numeri ad ogni canale, vanno risintonizzati. Per l’utenza anziana è un’operazione non semplice. Gli utenti, allora, si accontentano di quello che riescono a vedere. E accade di tutto: un giorno non si sente l’audio a Castelfranco e c’è persino un decoder che seleziona solo i primi 60 canali. Uno Scandalo».

La programmazione del passaggio digitale ha poi riservato alle sole tv nazionali le frequenze “coordinate” con quelle dei paesi confinanti. Mentre per gli ultimi del carro, le tv locali, sono state assegnate anche quelle predisposte per le trasmissioni tv dei paesi stranieri. Le decisioni del governo col nuovo piano di assegnazione delle frequenze hanno creato un vero e proprio caos televisivo nelle aree di confine del paese. L’esproprio per le sole emittenti regionali dei canali 61-69 UHF, destinati alle telcom per l’uso della banda larga mobile, ha ridotto drasticamente il numero di frequenze per l’emittenti regionali da 27 a 18. Canali che verranno ridotti ulteriomente nelle regioni italiane che si affacciano o confinano con la copertura dei canali tv stranieri.

Durante lo Switch-off del Nord Italia tutte le frequenze disponibili furono assegnate alle emittenti regionali e questo fu causa di problemi con le autorità croate e slovene. Ora con la sottrazione di altri canali ci sarà ancora meno spazio per le tv locali. Soprattutto per quanto concerne l‘Istria che fronteggia i Colli Euganei da cui trasmettono le tv del Nord-Est, e per la Corsica, isola francese prossima allo Switch-off del digitale terrestre, che potrebbe avere conflitti e interferenze tv con le frequenze che partono dalla Toscana.

Per questi e altri motivi le emittenti regionali, rappresentate dalle associazioni Aeranti-Corallo e FRT, chiedono più incentivi e finanziamenti (il 20% dei ricavi dell’asta per la banda larga mobile) per “disoccupare” le frequenze tv, come recentemente imposto dal decreto Omnibus. Entro la settimana inoltre scadranno, nelle regioni prossime al passaggio alla tv digitale (cioè Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo e Molise), i termini per le richieste di status di operatore di rete che consentirà alle tv locali più fortunate di mantenere alcuni multiplex del digitale terrestre.

L’asta per le frequenze LTE però sembra destinata a slittare nuovamente oltre il termine del 30 settembre fissato nel solito decreto Omnibus. Le tv locali non gradiscono affatto le disposizioni di una speciale  graduatoria che stabilirà chi avrà la frequenza (divenendo operatore di rete) e quale emittente invece dovrà traslocare (acquisendo lo status di fornitore di contenuti), e puntano i piedi.«È difficile che un progetto del genere trovi effettiva realizzazione nei tempi desiderati. – ha sottolineato Marco Rossignoli, presidente di Aerantí-Corallo – Dopo la conversione del decreto andranno approvati diversi regolamenti, tra cui quelli sulle modalità per le domande. Andranno costituite le commissioni, si dovranno fare le graduatorie. Provinciali o regionali? Bisognerà riassegnare la numerazione automatica LCN ai fornitori di contenuti». Il direttore del circuito nazionale 7Gold, Giorgio Galante, afferma:  «O c’è un indennizzo efficace o sarà dura battaglia legale».

Fonte: Il Sole 24 Ore

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