Rispunta la legge sul controllo di Internet, decreto Romani al vaglio dell’Agcom

A volte ritornano (in Italia di continuo). Silenti, i paladini della difesa del copyright, ciechi demolitori degli spazi liberi di Internet, detentori e custodi dei più anacronistici diritti riproposti sulla rete, nelle vesti dei governanti di questo paese e delle lobby che essi rappresentano che confondono Internet per un medium broadcast, e Google per un drammaturgo ucraino.

Dalla distorta interpretazione di una direttiva europea, il governo, nell’aprile scorso, propose un’assurda iniziativa di controllo della rete e di tutti i siti Web, inserita nel famigerato decreto Romani, che in seguito alle proteste nazionali e internazionali del mondo di Internet e dell’opinione pubblica sembrava fosse stata archiviata. La legge costruita per tutelare i diritti tv, musicali e cinematografici dell’industria e delle multinazionali dell’entertainment, definita Guido Scorza, esperto di diritto di Internet,  «un approccio culturale pantatelevisivo», ha sempre avuto l’obiettivo ultimo di preservare il consumo dei contenuti tv prodotti dalle società media del premier.

E invece eccola qua la legge HADOPI italiana, ripulita, depurata dalle più spudorate caratteristiche anticostituzionali, ricalibrata per combattere il fenomeno della pirateria in rete (che inevitabilmente continuerà a vincere sui vecchi modelli economici sostenuti da istituti come la SIAE) e per cercare di arginare la libera circolazione e  la riproduzione dal basso dei contenuti (fenomeno emergente delle comunità della rete anch’esso inarrestabile).

Da un articolo di Fulvio Sarzana di S. Ippolito del 11/11/2010 su puntoinformatico.it:

Roma – L’Autorità per le garanzie per le comunicazioni blocca i siti e oscura i portali di condivisione dei file protetti dal copyright, diventando il “guardiano” delle violazioni del diritto d’autore in Rete, con ruoli più penetranti dell’HADOPI Francese. E non ce ne siamo accorti? La notizia avrebbe dell’incredibile.

Secondo quanto riportato da Alessandro Longo sul quotidiano La Repubblica oggi in edicola, a pagina 28, peraltro immediatamente ripreso sul Web e confermato a Punto Informatico dallo stesso Longo, Agcom si appresterebbe a discutere nella giornata odierna (n.d.r. sarà discusso domani lunedì 15 novembre) un pacchetto di regole dirette a colpire quelli che, non si comprende bene su quali presupposti, vengono definiti “I pirati del web”.

Il pacchetto di regole arriva a ridosso dell’accordo raggiunto tra gli operatori per la condivisione delle infrastrutture passive nel contesto delle reti NGN.

Sembrerebbe insomma che come contraltare al raggiungimento di un accordo per la prestazioni della banda larghissima gli ISP si ritroveranno a dover porre in essere misure concrete per la sorveglianza del diritto d’autore. La nuova regolamentazione sarebbe anche una conseguenza del “famoso” decreto Romani dell’aprile del 2010, che come è noto aveva scatenato diverse critiche provenienti sia dal mondo telematico, sia dai player più interessati alla possibilità di condividere video in Rete: quale ad esempio Google, proprietaria di YouTube.

Nonostante il Ministro Romani (allora viceministro) si fosse affrettato a dichiarare che le norme sull’audiovisivo (e sui controlli da effettuarsi) non si applicassero ai siti Internet, era parso subito chiaro a tutti che vi fossero dei “coni d’ombra” all’interno dei quali far poi passare forme di “controllo telematico” dello scaricamento. Ed è proprio quello che sembrerebbe essere successo in questi giorni.

Secondo le notizie di stampa, il Garante con le nuove regole si dirigerebbe in prima battuta contro gli ISP, richiedendo espressamente a questi ultimi di monitorare i “flussi di traffico rilevanti” al fine si presume di identificare eventuali soggetti che “scaricano” contenuti protetti dal diritto d’autore. L’utente peraltro verrebbe informato all’atto della sottoscrizione dell’abbonamento dell’esistenza di controlli sul traffico, per fini di “tutela della propria privacy”. Le attività prese di mira sarebbero le classiche relative al file sharing, con l’aggiunta dei programmi che consentono lo streaming in diretta (ovvero ad esempio la visione delle partite di calcio).

I titolari di siti che consentono queste attività, su segnalazione di vari soggetti tra i quali spicca anche SIAE (in quanto rappresentante dei detentori dei diritti?), i detentori dei diritti, i nuclei specializzati della Guardia di Finanza, verrebbero raggiunti da una comunicazione dell’Autorità che concederebbe ben (!) 5 giorni di tempo ai titolari dei siti per potersi difendere via email, con la possibilità di oscuramento del sito da parte dello stesso Garante: con un provvedimento che probabilmente verrà applicato dagli organi di polizia giudiziaria, o forse da un Magistrato (non si comprende bene), secondo il modello in uso per i siti di gioco e scommesse privi della concessione.

Inoltre il garante potrà applicare anche le misure del blocco degli IP, della diretta streaming, della rimozione selettiva dei contenuti protetti. In pratica il Garante delle Comunicazioni diventa una sorta di Hadopi (l’organismo francese di controllo delle violazioni sulla proprietà intellettuale da parte dei privati, che però avverte gli “scaricatori” telematici con tre avvisi prima di procedere alla disconnessione), con un occhio per gli utenti, che verrebbero “avvertiti” dei controlli effettuati sul traffico dagli ISP, e l’altro per i presunti violatori delle norme sul diritto d’autore, che verrebbero flagellati dalle richieste dell’Autorità, con tempi brevissimi di risposta e su segnalazione dei titolari dei diritti o della SIAE.

Gli Internet Service provider dovrebbero in pratica fungere da informatori su segnalazione dei titolari dei diritti.

Sarebbero escluse dalla regolamentazione le attività dei social network e dei siti di condivisione come YouTube, ma solo se la condivisione riguarda video amatoriali: in caso contrario invece si applicherà la “scure” del garante. È facile prevedere a questo punto la sorte dei servizi di condivisione più popolari in rete in Italia. Il rigore delle nuove norme sembrerebbe appena temperato dalla circostanza che l’Autorità si appresterebbe a varare una consultazione pubblica in merito per ascoltare i vari attori: è facile prevedere che diventerà l’Audizione pubblica il terreno di scontro delle opposte esigenze.

Approfondimento di Wired.it: L’Agcom prepara la guerra ai pirati

7 thoughts on “Rispunta la legge sul controllo di Internet, decreto Romani al vaglio dell’Agcom

  1. (La Repubblica)
    Nuove regole per le web tv. Agcom frena dopo la protesta

    L’Authority rimanda al 25 novembre il varo delle regole sulle emittenti ondemand e potrebbe riprendere in mano l’intero pacchetto. Il decreto Romani prevede più burocrazia, meno libertà e l’obbligo di pagare per iniziare a trasmettere. Proteste in rete e in Parlamento di ALESSANDRO LONGO

    Nuove regole per le web tv Agcom frena dopo la protesta

    AGCOM prende tempo: l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, avrebbe dovuto varare oggi una serie di regole e obblighi per le web tv e le web radio. Ma, forse grazie alle proteste nate in rete e arrivate sui banchi dell’opposizione parlamentare, l’Authority ha rinviato il completamento del suo lavoro al 25 novembre e, in attesa delle firme finali di convalida del nuovo regolamento, potrebbe riprendere in mano l’intera questione.

    L’irregimentazione delle emittenti digitali nasce dall’approvazione del decreto Romani 1. Finora le web tv e web radio sono state libere da regole e obblighi. Agcom dovrebbe imporre a web radio e web tv lineari il primo pacchetto di burocrazia nella loro storia. L’idea – che adesso attende conferma – è che paghino 750 (web radio) e 1.500 euro (web tv) per iniziare le trasmissioni e inviare ad Agcom una dichiarazione di inizio attività (Dia). Dovranno sottostare inoltre ad alcune regole mutuate dalle realtà editoriali tradizionali, per esempio la tutela dei minori e l’obbligo di tempestiva rettifica. Agcom ha già pensato di escludere (almeno) le micro-web tv, cioè quelle che trasmettono meno di 24 ore di programmi in una settimana. Le regole sopra indicate erano già state votate e approvate da Agcom e quindi finite in uno scherma di regolamento che adesso, in extremis, viene riaperto.

    Bisognerà vedere quali obblighi Agcom escogiterà per il video on demand e come intenderà cambiare quelli definiti per web radio e web tv lineari. Rispetto alla bozza di regolamento in materia, Agcom aveva già alleggerito le norme in capo a web tv e web radio. Prima i costi erano doppi e annuali (invece che una tantum) ed era molto maggiore la burocrazia iniziale (per esempio c’era l’obbligo di chiedere un’autorizzazione prima di trasmettere, mentre dopo la Dia si può subito iniziare senza aspettare la risposta di Agcom).

    Il punto però, sottolineano gli oppositori, è che le nuove norme rischiano di soffocare uno scenario ancora nascente e molto prolifico di progetti, spesso condotti con pochi mezzi ma con fini di utilità sociale. Sono 346 le micro web tv italiane, secondo l’osservatorio Altratv.tv 2. Telejato, la web tv di Corleone, ha redazione, studio e regia in una palazzina di Cinisi ed è nota per le campagne contro Cosa Nostra. Telestrada.it (prodotta dalla Caritas di Catania) ha realizzato inchieste di denuncia poi riprese da emittenti anche nazionali, per esempio su casi di mala sanità. Sono 18 le web tv dell’Aquila, che cercano di indagare sul dopo terremoto.

    Si occupano di inchieste cittadine FuoriTv (Modena), VersiliaInTv (nota per avere documentato per prima la strage di Viareggio), Teledenuncio (Napoli), IlFatto.tv (Molfetta), Crossing.tv (Bologna), PieroDaSaronno (Saronno, ideata da un pensionato 72enne e ora punto di riferimento per le notizie cittadine). E’ ormai una realtà imprenditoriale affermata C6.tv: partita da Milano, ora C6 è anche a Roma e Palermo, ha dieci giornalisti e 5 mila utenti al giorno. Nel mucchio delle web tv soggette a obblighi potrebbero rientrare anche i video blog, ma bisognerà vedere che cosa deciderà oggi Agcom sul video on demand.

    Sull’argomento non mancano le prese di distanza anche all’interno della stessa Authority: “Per ora Agcom ha deciso sulle web radio e sulle web tv lineari, cioè quelle con palinsesto. Lunedì deciderà anche sulle web tv con video on demand”, spiega Nicola D’Angelo, consigliere Agcom che era relatore del regolamento. “Ma ho votato contro e per protesta mi sono dimesso da relatore”, aggiunge. Il testo della norme già scritte e decise attendeva però le firme finali di convalida. Agcom sfrutterà quest’opportunità per riprendere in mano l’intera questione.

    Tra i primi politici a chiamare il web alla mobilitazione contro le nuove regole è stato Antonio Di Pietro (Idv). “Alla Camera, durante il question time con il ministro Romani, chiederò delucidazioni sul regolamento e lancerò la mobilitazione in rete, con le associazioni dedicate al fenomeno web tv”, dichiara a Repubblica.it. Preparano la protesta anche gli esponenti Pd più attenti ai problemi di internet: “Per cominciare l’opposizione politica, oggi chiederemo alla Camera la convocazione urgente di Corrado Calabrò, presidente di Agcom”, dice il senatore democratico Vincenzo Vita. Anche l’ex ministro Paolo Gentiloni si aggiunge alla protesta definendo “assurdo” il regolamento, “perché impone sul web obblighi tipici delle realtà editoriali tradizionali e affermate”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.