Banda Larga, tavolo Romani in un vicolo cieco. Telecom non si accorda con gli altri operatori

Da un articolo di Andrea Bassi su MF-Milano Finanza:

alicephibra telecomSlitta a settembre il termine per trovare l’accordo sulla nuova rete a banda larga. Il tavolo Romani per la Banda Larga è finito in un cul de sac dal quale sembra difficile uscire. A mettere all’angolo il viceministro delle Comunicazioni Paolo Romani e gli operatori alternativi è la posizione negoziale assicurata da Telecom Italia.

Ieri Franco Bernabè, amministratore delegato dell’ex-monopilista tlc italiano, ha ribadito la disponibilità a partecipare a una società comune per la fibra, ma solo nelle aree dove sono previsti investimenti infrastrutturali in concorrenza fra loro. Insomma nelle 13 grandi città che Telecom ha in programma di cablare entro il 2012 Bernabè non ha alcuna intenzione di collaborare con Wind, Fastweb e Vadafone.

Secondo gli operatori alternativi che hanno presentato il piano Fibra per l’Italia, invece, la condivisione degli investimenti anche nelle metropoli è una condizione imprescindibile. Probabilmente anche per puntellare meglio la propria strategia negoziale al tavolo Romani, ieri Bernabè ha incontrato Neelie Kroes (commissario UE per l’Agenda Digitale) cui ha illustrato i paini Telecom per rispettare gli impegni europei in materia di banda larga.

Il programma illustrato alla Kroes prevede di raggiungere il 50% della popolazione italiana entro il 2018, anticipando l’obiettivo europeo della metà della popolazione coperta con il broadband entro il 2020. Il progetto Telecom è articolato in 2 fasi. La prima prevede che entro il 2012 si proceda allo sviluppo della fibra nelle prime 13 città italiane. Successivamente, tra il 2013 e il 2018, sarà attivata la connessione di altre 125 città. Entro il 2012 Telecom prevede di investire 9,7 miliardi, di cui 7 nell’infrastruttura di rete e 2,7 nell’accesso.

E proprio a una norma voluta dalla Kroes (varata a settembre del 2009 quando era commissario UE per la Concorrenza) Telecom si è appellata nell’ambito del tavolo Romani per sostenere l’illegittimità di una condivisione delle infrastrutture nelle città in cui c’è già concorrenza tra operatori. La norma in questone è quella che riguarda le linee direttrici dell’UE in materia di aiuti di Stato per consentire il rapido sviluppo della banda larga. In quel documento la UE ha suddiviso il mercato in zone nere (ad alta concorrenza), zone grigie ( dove non ci sono progetti alternativi di reti), e zone bianche (quelle non remunerative), con sentendo la partecipazione pubblica solo nelle zone grigie e bianche. Le uniche appunto, dove Telcom è pronta a condividere gli investimenti con gli altri operatori.

Anche Romani, pur mostrandosi ottimista sulla possibilità di raggiungere un’intesa entra la fine di luglio, ha dovuto prendere atto delle difficoltà del tavolo. Il viceministro ieri ha spiegato che una bozza d’intesa sta circolando tra gli operatori e tutti stanno facendo osservazioni, ma c’è un punto di dissonanza sulle 13 città già coperte dal piano Telecom. Un elemento che ha fatto spostare in avanti, fino a settembre, il termine di chiusura dei lavori.

Intanto iei, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, 12 medie società tlc, tra cui Acmcom, Mclink, Infracom, hanno inviato una lettera a Romani e a tutti i manager già seduti al tavolo, chiedendo di essere ammesse alla discussione sulla banda larga. I 12 operatori hanno già costituito una joint venture e hanno dato disponibilità a partecipare alla sperimentazione e agli investimenti. Ma, dopo un’iniziale apertura, non hanno avuto risposte. Nella nuova lettera gli operatori hanno chiesto di essere immediatamente convocati in modo da poter partecipare anche all’incontro previsto per il 28 luglio con gli altri amministratori delegati.

4 thoughts on “Banda Larga, tavolo Romani in un vicolo cieco. Telecom non si accorda con gli altri operatori

  1. Piano Banda Larga Telecom, entro 2012 raggiunte dalla fibra solo 1,3 mln di case su 4 mln nelle 13 città previste. Solamente il 50% delle abitazioni fino al 2018.
    Il piano del 10 giugno presentato all’Agcom che parla di 9,7 miliardi d’investimenti, 7 dei quali per lo sviluppo delle infrastrutture, prevede solo 600 mln su 2,7 miliardi di euro per lo sviluppo dell’accesso. Gran parte di questi fondi verranno impiegati da Telecom Italia per mantenere la rete in rame, dato che il piano di sviluppo prevede pure un modello di architettura della rete a banda larga G-Pon, cioè misto fibra-rame, che ridurrebbe i costi, mentre una rete totalmente in fibra ottica è basata sul classico modello punto a punto. (MF – Milano Finanza)

  2. Intervista di MF – Milano Finanza agli ad di Fastweb, Vodafone e Wind.
    Gli operatori del progetto Fibra per l’Italia sono ottimisti:
    “dal 7 maggio, data della presentazione del piano alternativo, sono stati fatti grandi passi avanti. – dichiara l’amministratore delegato di Fastweb Stefano Parisi – Ci sono due piani industriali, senza vincoli di finanziamenti pubblici, per sviluppare le infrastrutture NGN fondamentali per modernizzare il paese.Ma non ha senso costruire più reti. La rete a fibra ottica dovrà essere una sola. Ma il piano di Telecom non è all’altezza delle esigenze del paese. Telecom ha intenzione di cablare con la fibra 1,3 milioni di case entro il 2012, noi ne abbiamo raggiunte già oggi 2 mln”.

    “Non abbiamo mai chiesto finanziamenti come aiuti di stato – afferma l’ad di Wind Luigi Giubitosi – la soluzione deve essere una scelta di mercato. Il problema delle 13 città che Telecom Italia vorrebbe cablare da sola perchè zone nere ad alto tasso remunerativo è un falso problema. Ci aspettiamo un intervento dell’Authority che preservi la concorrenza del mercato e l’unbundling”.

    “Con le nostre risorse finanziarie, tecnologiche, umane potremo sviluppare un progetto migliore e in tempi più rapidi” dichiara Paolo Bertoluzzo, ad di Vodafone.

    Telecom vuole adottare un’architettura G-Pon per la propria rete, che consentirebbe di risparmiare e di mantenere in piedi la rete in rame. “Ma i costi – a detta di Bertoluzzo – sono indentici con l’architettura di rete più evoluta del point to point, che consentirebbe ad ogni utente la massima capacità di trasmissione e maggiore flessibilità per gli operatori. Tutti i paesi europei vanno verso questa direzione”.
    “Questa tecnologia punto a punto costituirebbe una rete in grado di regge 100 anni nell’interesse nazionale. – dice Parisi – Una rete G-Pon invece, rendendo più complicata l’integrazione fra operatori, creerebbe un mercato fondato più sui prezzi che sulla qualità del servizio”.

    “Non abbiamo mai ricevuto una richiesta di Telecom per un’opzione call che potrebbe far rientrare in possesso dell’ex-monopolista l’infrastruttura una volta completata” afferma infine Giubitosi.

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