Sorpasso Tv Digitale su quella analogica. Ma in Italia il digitale terrestre è ancora senza regole

Nel momento per così dire storico, anche se previsto, del sorpasso della tv digitale su quella analogica, il paese Italia rimane ancora colpevolmente in ritardo sulla definizione degli standard e dei regolamenti condivisi per il mercato del digitale terrestre.

La tecnologia della tv digitale in tutte le sue forme (digitale terrestre, satellitare, IPTv), secondo le fonti di DGTVi di febbraio, ha ormai raggiunto il 51,2% del mercato italiano (35% per il dtt) ed è in continua crescita. Purtroppo però i consorzi come Tivù, lo stesso DGTVi e il Ministero dello sviluppo economico non sono ancora in grado di definire, con norme valide e condivise per ogni competitor, la regolamentazione del dividendo digitale, cioè l’equa suddivisione delle frequenze televisive, e la spinosa questione dell’ordinamento numerico dei canali del digitale terrestre (LCN).

Il dividendo digitale italico

Per quanto concerne il primo punto, i nuovi operatori media tv sono ancora in attesa del via della gara per l’assegnazione dei 5 multiplex del dtt, indetta dal Ministero sopracitato sotto le pressioni della Commissione Europea. Il 10 marzo scorso è stata avviata una concertazione tra i maggiori operatori per la definizione delle regole del beauty contest. La gara dovrebbe sistemare la spudorata spartizione delle frequenze da parte dei vecchi monopoli televisivi (Rai, Mediaset, TI Media), decretata dalla legge Gasparri nel 2004, che ha pesantemente danneggiato le attività delle piccole tv nazionali e locali e ha rafforzato il ruolo mediatico dominante del duopolio Mediaset-Rai, caso unico tra tutti i grandi paesi occidentali.

La volontà dei network privati e pubblici, che potranno concorrere per l’assegnazione delle 5 frequenze, due delle quali attribuibili ai vecchi competitor, prospetta un’accelerazione dei tempi tecnici per evitare ulteriori sanzioni dall’UE. Una fretta ispirata inoltre dall’incombere sul mercato, come una terribile minaccia, soprattutto per Rai e Mediaset, dell’eventuale via libera dalla Commissione Europea per l’ingresso di Sky nella piattaforma digitale terrestre.

LCN: i numeri della discordia

Il secondo problema che concerne l’ordinamento della numerazione automatica dei canali su scala nazionale del digitale terrestre LCN ha suscitato numerosi grattacapi in molti paesi europei.

In Francia la questione è stata regolata già dal 2004 dal Conseil Supérieur de l’Audiovisuel (CSA), organo di garanzia delle comunicazioni francesi, che ha stabilto che i vecchi canali nazionali dell’analogico potranno stare nelle prime posizioni, soprattutto per non turbare le esigenze degli utenti, poi saranno inseriti i canali gratuiti (free-to-air) con priorità per quelli pubblici, e infine nei numeri più alti i canali privati e a pagamento.

In Gran Bretagna invece il consorzio dei maggiori operatori tv pubblici e privati DMOL (BBC, Digital3&4, Arquiva, SDN) ha deciso che i canali nazionali devono essere ordinati per genere, disponendo una gerarchia che parte dai primi numeri con i canali di intrattenimento generalisti, per passare a quelli per i bambini, quelli di informazione, quelli per un pubblico adulto, poi i servizi interattivi, e infine le radio. Il regolamento inglese tiene comunque conto dell’importanza dei canali pubblici e delle abitudini di consumo dei telespettatori.

Storico è anche il passaggio definitivo al digitale terrestre della Spagna, che entro il 3 aprile terminerà lo switch-off totale su tutta la penisola iberica, coinvolgendo 20 milioni di utenti tv e 2186 comuni ancora irradiati dal segnale analogico. In questo momento, in evidente ritardo, il governo e i network iberici non hanno ancora trovato un accordo per la numerazione LCN. L’assenza della regolamentazione ha creato un clima di silente anarchia sulla numerazione dei canali forse anche più intricato del caso italiano, e ha acceso una guerra di numeri tra i media concorrenti.

Infine in Italia la questione è ancora tutta da risolvere, nonostante la buona volontà del ruolo di pacificatore tra le parti intrapreso dell’Autorità Garante delle Comunicazioni. Per ora la mediazione dell’Agcom ha permesso un parziale riordino dei canali che determina nelle prime 10 posizioni i network dominanti presenti già sull’analogico, poi via via a scaglioni vengono posizionati alternati canali locali e nazionali tematici, i canali pay, e quelli in alta definizione. Non esiste però un piano definito, e l’ordinamento non è condiviso da tutti i network. Sono purtroppo ancora presenti troppi numeri doppi, che provocano l’esclusione dei canali coinvolti nella fase di sintonizzazione automatica dei decoder attivata degli utenti.

A marzo il decreto legislativo (quello del controllo della rete) approvato dal governo, che recepisce la direttiva europea 2007/65/CE sui Servizi Media Audiovisi, ha cambiato però le carte in tavola, imponendo la garanzia di semplicità d’uso del sistema LCN per i consumatori, e il rispetto per le abitudini e le preferenze di consumo. Il Ministero dello sviluppo economico dovrà decidere quali numeri assegnare a quali network, anche in vista dei nuovi operatori media tv che entreranno nel mercato dopo la gara per le frequenze. Numerose associazioni di consumatori, come l’Adiconsum, protestano da mesi per tutelare gli utenti e le piccole tv locali. La partita è ancora tutta da giocare e metterà a confronto ancora una volta i competitor del dtt, e si spera che non termini come sta accadendo nel mercato spagnolo.

Fonti: key4biz.it |   ilsole24ore.com

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