Minestrone digitale all’italiana

Il dividendo digitale attuato dalla legge Gasparri del 2004 sulla tv digitale terrestre non piace più. Alcune aziende tv, in evidente e curioso ritardo, si sono accorte che alcuni gruppi detentori dei vecchi canali analogici forse si sono aggiudicati un numero eccessivo di frequenze nel riassetto del digitale terrestre. Telecom Italia Media, il gruppo che trasmette MTV e La7 sulle vecchie frequenze, ha presentato un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica sull’assegnazione delle frequenze digitali in Val d’Aosta, Piemonte occidentale e Trentino Alto-Adige. Rete A, canale del gruppo Espresso, ha depositato un ricorso al Tar del Lazio. Rete Capri, unica tv nazionale del sud, a breve presenterà una richiesta al capo dello Stato analoga all’azienda media tv di Telecom. E’ la rivoluzione delle piccole reti contro l’oligopolio Rai-Mediaset-Sky?

La questione ha antiche origini. L’approvazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale è stata deliberata dal Ministero per lo sviluppo economico nel lontano 2003, quando il governo pensava di introdurre il dtt entro il 2006 per evitare le sanzioni comunitarie sulla posizione illegale di Rete 4. Dopo varie revisioni il dividendo digitale è stato suddiviso in 21 parti (cioè multiplex dove si possono trasmettere fino a 4 canali in qualità standard) per ogni area regionale o provinciale autonoma, e ha assegnato ben 3 canali digitali alle tv per ogni canale posseduto nell’analogico. La “spartizione dei barbari” delle frequenze digitali non è piaciuta tanto alla Commissione Europea che ha avviato l’ennesima procedura di sanzione per l’Italia in ambito televisivo. Il governo e i geniali uomini del Ministero per le comunicazioni sono corsi ai ripari, e per evitare l’ingente multa hanno messo a disposizione in gara pubblica 5 canali nazionali.

In questo modo, da 21 che erano, le frequenze assegnate d’ufficio sono passate a 16 e qualcuno ne è rimasto logicamente fuori. La Commisione UE ha imposto al governo di regolare un tetto massimo di 5 reti per medium tv, ma non esiste una vera legge, e il limite sarà valido solo per l’assegnazione delle 5 reti vacanti. In teoria il dividendo dovrebbe ordinare 4 reti per la Rai e 4 per Mediaset, 3 per Telecom Italia Media, 2 per il Gruppo Espresso e una sola per Europa 7, D-Free (che ospita solo reti Mediaset) e Rete Capri. Se Rai o Mediaset si vedranno assegnata una quinta frequenza nazionale, dovranno cedere il 40% della capacità trasmissiva a operatori “indipendenti”. Ma questo dividendo purtroppo sarà valido solo in partenza, perchè le 5 fequenze in gara potranno essere riacquistate dopo un periodo di tempo fissato dall’Agcom.

Telecom rivendica un canale, come Rete A e Rete Capri, e chiede un risarcimento di 240 milioni di euro o un milione e 640 mila euro per ogni anno di ritardo dall’assegnazione del canale. La Commissione Europea ha ufficialmente chiesto all’Agcom di vigilare sulla corretta assegnazione delle cinque reti in gara pubblica, chiedendo al gruppo Telecom di rispettare gli impegni per una libera concorrenza nel mercato del dtt. Una concorrenza a dir poco strana, perchè i competitor in posizione dominante (Rai e soprattutto Mediaset) hanno acquisito più potere nel passaggio dall’analogico al digitale, ampliando a dismisura il bouquet di canali, lasciando le briciole alle altre aziende tv.

Fonte: ilSole24ore.com

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