Rai: ora il Pdl guida l’assalto alla Tarantola

Come scrive stamane Carlo Tecce sul Fatto Quotidiano, Silvio Berlusconi ha vinto di misura in Commissione di Vigilanza: 4 consiglieri a 3 (compreso l’ondivago De Laurentiis, Udc) per mantenere il controllo in Rai.

Ma non si accontenta e vuole e pretende ancora più in materia televisiva. L’ordine di servizio viene smistato attraverso ex ministri e capigruppo: «Fate saltare i nervi in bicamerale, non votate il presidente Anna Maria Tarantola. Se vogliono cambiare i vertici di viale Mazzini, non devono forzare: niente poteri straordinari, niente azzeramenti dei partiti».

Mario Monti ha sigillato la pratica Rai in conferenza stampa, ormai un mese fa, ma la Vigilanza – a maggioranza qualificata di due terzi – deve nominare l’ex vicedirettore generale di Banca d’Italia, amica del professore e del Vaticano. I numeri sono spietati: leghisti e berlusconiani sono decisivi. L’avvertimento esplicito arriva da Paolo Romani: «La competenza sulla Rai è del Parlamento, il governo è intervenuto al di fuori dalla legge. Ci stiamo ponendo seriamente il dubbio se dare o meno la fiducia a Tarantola martedì».

Anche Goffredo De Marchis dalle colonne de La Reppublica insiste: il Pdl vuole far saltare la nuova presidente Rai e ha preparato una serie spigolosa di motivazioni per imbalsamare il rinnovamento. Ma secondo il giornalista del quotidiano diretto da Ezio Mauro, il vero obiettivo sarebbe proprio quello di colpire Mario Monti. Perchè il governo ha esagerato a indicare presidente e direttore generale insieme, oltre al referente del Tesoro in Cda, Marco Pinto. E inoltre perchè i nuovi dirigenti non devono acquisire più poteri.

Martedì si riunisce per la prima volta il Cda nuovo di zecca che dovrà votare il nuovo presidente, prima di passare la palla alla commissione di Vigilanza. Nel frattempo il presidente dell’azienda dovrebbe divenire temporaneamente il consigliere più anziano ed ex missino Guglielmo Rositani. Si racconta intanto che ieri mattina lo stesso Rositani, trascinando un paio di scatoloni e un cestino di penne e matite, abbia occupato l’ufficio del settimo piano di viale Mazzini che fu di Nino Rizzo Nervo, il consigliere più esperto e combattivo. Il trasloco coatto – lasciando fuori il segretario del Cda – è una prova di superbia per dimostrare che il Cavaliere, e le sue falangi, non aspettano e non cedono nulla. Rositani ha già annunciato una conferenza stampa per la prossima settimana, quasi in contemporanea con il passaggio in Vigilanza su Tarantola. L’ex sindaco di Varapodio (Reggio Calabria), ex assessore e senatore di Rieti, vuole protestare. A 74 anni non accetta di svolgere ruoli marginali: guai se la Tarantola avesse più deleghe operative o la procura per firmare contratti sino a dieci milioni di euro. O meglio: guai se la Rai fosse un’azienda autonoma e funzionante.

Pare quindi incorso una trattativa, e la chiave dello scontro tra Pdl e Monti va cercata nella prossima campagna elettorale. Palazzo Chigi ha un piano strategico tutt’altro che morbido: via i rami secchi, cioè le società pesanti come Raiway che gestisce le frequenze; via Alberto Maccari (Tg1, fidatissimo di B.), Mauro Mazza (Rai 1, sempre vicino al Pdl), Pasquale D’Alessandro (Rai 2, leghista) e forse Corradino Mineo (Rainews).

Fare ipotesi sui sostituiti è semplice gioco d’azzardo. Ci sarà l’inferno sino a ottobre, il primo momento utile per una rivoluzione non tanto morbida. Eppure basta lanciare qualche nome per il Tg1 – da Lilli Gruber a Mario Calabresi, da Mario Orfeo a Marcello Sorgi – per scatenare la furia del Cavaliere. Non perché siano un gruppo di giornalisti ostili, ma perché le garanzie di Minzolini e Maccari non le offre nessuno. Poi ci sono i palinsesti autunnali, mai sfiorati per anni, tranne qualche epurazione che soddisfava il centrodestra. Il governo predica (e prega) per una televisione pubblica pluralista e imparziale ma, come accusa il Pd, è nuovamente sotto ricatto. La soluzione di Bersani, condivisa da Casini, è però il commissariamento, in pratica il crollo finale della televisione pubblica.

Fonti: Il Fatto Quotidiano | La Repubblica

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