Frequenze 700 MHz, l’Ue concede due anni in più alle Tv

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L’Ue ha fissato la liberazione della banda 700 MHz dalla televisione terrestre entro il 30 giugno 2020, ma lo Switch-off potrà chiudersi nel 2022 a certe condizioni. I singoli Stati membri avranno la possibilità di ritardare questa data di due anni, purché si giustifichino le ragioni.

È questo il succo della proposta che il Consiglio dell’Unione europea sotto la presidenza olandese (nella composizione con i ministri delle comunicazioni) adotterà giovedì prossimo. Un documento che concede flessibilità sul passaggio di queste frequenze (694-790 Mhz) alla banda larga mobile in vista del 5G, dopo che la proposta di decisione presentata a febbraio dalla Commissione Ue dava come data secca il 2020. Si torna quindi alle conclusioni della commissione Lamy (formata da operatori dei diversi settori), che aveva indicato il 2020 con una tolleranza di due anni in più o in meno.

Ancora però non è detta l’ultima parola: in autunno dovrà esprimersi il Parlamento europeo e poi si prevede una interlocuzione fra quest’ultimo, il Consiglio e la Commissione per arrivare a una decisione finale. La Commissione, infatti, per il momento non è voluta intervenire ufficialmente, auspicando semplicemente che si raggiungesse un accordo fra i governi. E uno dei governi che più ha cercato di arrivare a una soluzione flessibile è quello italiano (a Bruxelles giovedì è atteso il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda, una novità rispetto al dicastero Guidi), sebbene si sia trovato poi accanto la maggior parte degli altri Paesi. Ci sono però Stati già pronti al passaggio della banda 700 al mobile, e due di loro sono vicini all’Italia: Germania e Francia, elemento da non sottovalutare per gli anni di transizione e per la necessità di coordinamento. I paesi che decidono di ritardare la liberazione della banda 700, e quindi la riallocazione delle televisioni nella restante porzione di spettro che già usano (sub 700, 470-694 Mhz), dovranno informare gli Stati membri e la commissione e rendere pubblica la loro roadmap.

Fra le ragioni ammesse vi sono i problemi di coordinamento con gli altri Stati, interferenze irrisolte e quello che più riguarda l’Italia: la necessità di assicurare alla televisione la migrazione a standard di trasmissione avanzati (che permettono di comprimere il segnale per far stare tutti i canali nelle restanti frequenze), in presenza di una grande quantità di popolazione coinvolta dal processo. Ancora, motivo di ritardo possono essere i costi di questa transizione se eccedono i ricavi generati.

Nel documento c’è poi un’altra importante rassicurazione data ai broadcaster: la banda sub 700 sarà loro garantita almeno fino al 2030 e i Paesi che decideranno di utilizzare altre tecnologie dovranno garantire l’assenza di interferenze sulle trasmissioni dei vicini. Infine alcune date: entro il 31 dicembre 2017 dovranno essere raggiunti gli accordi di coordinamento fra i Paesi confinanti, mentre entro il 30 giugno 2018 gli Stati membri dovranno aver adottato e rese pubbliche le proprie roadmap sulla transizione.

Fonte: ItaliaOggi

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