Rai, i sindacati protestano: nessun accorpamento senza confronto

400px-RAI_—_Radiotelevisione_italiana_(logo).svgDomani alle 17 verrà indetto il pre-cda informale Rai che svelerà il piano del dg Gibitosi per riorganizzare l’informazione della tv pubblica (il giorno dopo il consiglio voterà le linee generali). I contenuti di questa rivoluzione sono ancora nascosti, ma i giornalisti già cominciano a protestare.

Tra le varie ipotesi si è parlato di un accorpamento tra Tg3, Rai News 24 e Tg locali; di una riduzione significativa del numero dei notiziari (specie quelli di mezza sera) e di una complessiva razionalizzazione dei costi. La puntualità della riforma parrebbe in sintonia con il pensiero di Renzi, anche se (secondo Il Corriere della Sera) in realtà il governo starebbe pensando a un piano editoriale più complessivo, che muoverebbe i primi passi già da settembre e su quattro ambiti: governance, nuova convenzione, canone e trasformazione della Rai in media company. E’ probabile quindi che questa disamina (a cui avrebbero dato il via libera il direttore generale Gubitosi e la presidente Tarantola) sia un segnale di inizio lavori.

Intanto sono sempre a lavoro i tre esperti: il direttore delle risorse umane Valerio Fiorespino, Carlo Nardello, direttore dello sviluppo strategico e l’ex consigliere (oltre che ex direttore del Tg3) Nino Rizzo Nervo. Che però non vuole parlare: «Fino a quando non lo si farà in consiglio, ci siamo imposti il silenzio. E’ un progetto, quindi andrà confrontato con gli altri. È un’organizzazione complessa, ci vorrà tempo perché si passi all’operatività», ha dichiarato al Corriere.

Nei corridoi del Tg3 si dice che per l’attuazione del piano bisognerà aspettare il 2015 e, pare, ci vorranno almeno tre anni perché arrivi a compimento. Ma la frustrazione della redazione è non capire «quale sia la missione editoriale. È giusto razionalizzare, ma perché si parla sempre dell’informazione e mai delle reti?», si chiedono confessando un certo nervosismo finché non sarà possibile rispondere alla domanda più temuta: «L’azienda vuole chiudere il Tg3?». Fino a domani le ipotesi resteranno tali.

Ma Vittorio Di Trapani, segretario dell’Usigrai (il sindacato dei giornalisti Rai) vuole che un messaggio sia chiaro: «Non accetto fatti compiuti. Una riforma di questa portata non si cala dall’alto. Si deve discutere con chi il lavoro lo fa, con le redazioni». Anche il sindacato non ha le idee chiarissime su cosa accadrà: «Si susseguono ipotesi ma manca un’idea di rilancio complessivo. Non può essere una riforma che si fa per una testata, per un direttore. Se riforma deve essere, deve riguardare tutti».

L’Usigrai con un comunicato ufficiale dichiara: «Parlare di riorganizzazione significa parlare innanzitutto di prodotto. Come sottolineato dall’Usigrai, le voci che in questi giorni si sono rincorse su possibili accorpamenti di testate non possono essere prese in considerazione se prima non si chiarisce come dovrà essere impostata l’offerta informativa del Servizio Pubblico. Accorpare per accorpare sembra soltanto un escamotage per fare tagli lineari che portano risparmi marginali o favorire qualche direttore amico. Se davvero viale Mazzini ha intenzione di riformare finalmente l’informazione Rai, si confronti con i CdR e l’Usigrai, senza dimenticare che sono i giornalisti quelli che poi fanno informazione».

«Se davvero viale Mazzini intende risparmiare, allora non acquisti da società esterne programmi realizzabili con risorse interne, razionalizzi le spese con processi trasparenti e mirati alla produzione, senza trincerarsi dietro un fantomatico segreto industriale che chiude ad ogni ipotesi di controllo. I budget dei telegiornali rappresentano voci di spesa piuttosto basse rispetto al bilancio dell’Azienda, eppure i Tg sono l’asse portante del servizio pubblico: siamo certi che una riforma sia necessaria ma per liberare la Rai dai partiti e dai governi, per non permettere la creazione di centri di potere e, soprattutto per offrire un prodotto ancora migliore ai cittadini. La Rai è un bene pubblico, non dimentichiamolo mai».

Fonti: Il Corriere della Sera | usigrai.it

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