Rai Way, chi si nasconde dietro la svendita?

Rai_WayLa Rai va avanti con la vendita (svendita) di Rai Way. Ma quali interessi potrebbero esserci dietro la privatizzazione dell’asset infrastrutturale della tv pubblica?

Per recuperare i soldi dei tagli previsti dal governo, il cda Rai ha già avviato le consultazioni con le banche d’affari per studiare la miglior soluzione per valorizzare della società che gestisce le 2.300 torri  della rete di trasmissione della tv di Stato, con 23 sedi sparse per l’Italia.

Loris Mazzetti del Fatto Quotidiano azzarda che dietro l’operazione possa esserci lo zampino di De Benedetti, che ha fiutato l’affare, e che sta già operando e muovendosi nel mercato delle torri tv, dopo aver fuso la propria rete del gruppo  l’Espresso (Rete A) con TI Media (TIMB) in un nuovo operatore indipendente che controlla ora 5 multiplex del digitale terrestre.

L’operazione della cessione di Rai Way si definirà in autunno, anche perché prima bisogna attendere la conversione in legge del decreto Irpef sugli 80 euro in busta paga varato dal governo Renzi, passaggio che dovrebbe completarsi entro giugno e nell’ambito del quale saranno indicate le modalità di recupero per la Rai dei 150 milioni di tagli previsti dalla spending review.

La prima soluzione indicata è appunto la vendita di una quota della società delle torri di broadcasting. Ma va segnalato che l’opzione ha già provocato le vibranti proteste dei sindacati, del presidente della Commissione di Vigilianza Rai, Roberto Fico, e addirittura del leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo. La cessione, dicono, rischia di svendere un patrimonio pubblico del valore strategico importante.

Il direttore generale Luigi Gubitosi vuole stringere i tempi, scrive MF- MIlano Finanza, e sembra che già nelle prossime settimane punti a ottenere dai potenziali advisor le proposte relative alla selezione del consorzio bancario per l’eventuale quotazione, da definirsi tra l’autunno e l’inizio del 2015. A fine aprile, a Piazza Affari potrebbe finire tra il 25% e il 30% di Rai Way, ma nei piani dell’emittente di viale Mazzini non è esclusa la privatizzazione fino al 49% della controllata.

La società della Rai, presieduta da Roberto Sergio e guidata dall’ad Stefano Ciccotti, considerando che l’anno scorso ha registrato 219,2 milioni di ricavi (l’83% garantiti dai contratti con la tv di Stato), 86,4 di mol, 23,9 di ebit e 11,8 milioni di utili (11 dei quali girati alla controllante Rai sotto forma di dividendi), a fronte di debiti per 155,3 milioni e di un patrimonio di 137 milioni,potrebbe valere all’incirca 650 milioni.

Si tratta però di un livello nettamente inferiore a quello indicato nell’aprile 2001 (circa 1 miliardo di euro), quan-do venne firmato l’accordo per la cessione della maggioranza al fondo Usa Crown Castle. Ma allora l’intervento del neo ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, che ritenne strategica la società che gestisce le torri di trasmissione Rai, bloccò la vendita (e il maxi-incasso).

Se neanche stavolta verrà trovata una soluzione rapida per la cessione di una quota di minoranza di Rai Way passando dal mercato (tramite la quotazione oppure attraverso la vendita a fondi infrastrutturali o società del settore italiane ed estere), c’è chi non esclude si possa optare per un coinvolgimento della Cassa Depositi e Prestiti. L’opzione al momento è tutta da verificare ma in ambienti politici romani si fa notare la Rai potrebbe cercare una sponda proprio nel braccio finanziario del ministero dell’Economia, che potrebbe intervenire attraverso un finanziamento alla Rai garantendosi come contropartita l’impegno a vendere nell’arco di alcuni anni la minoranza della società infrastrutturale.

Nel frattempo Rai Way cerca di internazionalizzarsi sempre più. Ha infatti siglato un accordo con l’ente radiotelevisivo di servizio pubblico del Kazakhstan per la formazione del personale tecnico. Questa iniziativa, secondo il management di Rai Way, potrà produrre in futuro eff etti rilevanti in merito all’avvio di un rapporto di collaborazione nell’ambito del processo di digitalizzazione televisivo appena avviato nella repubblica ex sovietica ma anche in merito a nuove iniziative in Paesi limitrofi.

Fonti: MF | Il Fatto Quotidiano

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